“Basta volerle le cose, volerle con tutta te stessa e accadono” Giovanna
Michele Casali è un mite professore che insegna disegno in un liceo bolognese alla fine degli anni Trenta. Sposato con Delia, donna piacente dai modi algidi e distaccati, coltiva invece un rapporto tenero e complice con la figlia Giovanna, adolescente introversa dal fare goffo e l’aspetto anonimo, che lui cerca invano di far apparire come attraente, sperando in cuor suo di vederla realizzata e felice come molte sue coetanee.
Anzichè suggerirle di cambiare atteggiamento e valorizzare di più se stessa, Casali rassicura di continuo la ragazzina sulla propria persona evitando però di rimediare in modo concreto alle sue mancanze.
Un giorno l’uomo, addolorato per il comportamento isolato della giovane, convince uno dei suoi allievi a corteggiarla, pensando di far nascere in lei una piccola dose di autostima.
La strategia si rivelerà invece pericolosa e controproducente, facendo vacillare la già precaria condizione mentale della ragazza, che presto mostrerà la sua vera natura compiendo un gesto disperato e crudele. Pur dotato di buone intenzioni e sensibilità, Michele si renderà conto troppo tardi della reale patologia da cui è afflitta Govanna, peraltro sempre più chiusa in se stessa con il passare del tempo.
Commovente e drammatico anche se forse un po’ retorico, questo film di Pupi Avati uscì nelle sale cinematografiche nel 2008, e ricevette parecchi riscontri positivi, anche se non mancarono critiche riguardanti lo svolgimento del nastro, ritenuto non troppo brillante e poco al passo con i tempi.
Il tema trattato invece appare attuale ed intenso, la pellicola narra infatti le conseguenze dell’ insano rapporto che può nascere tra genitori e figli, unione che viene rappresentata come un’affinità viscerale che diviene simbiosi potente in cui però, l’amore incondizionato verso qualcuno, anzichè proteggerlo dai mali del mondo, rischia di portarlo alla deriva.
Silvio Orlando è abile nell’interpretare un signore che dalla vita ha avuto poco e niente, innamorato di una donna che appare quasi infastidita da lui,e legato in modo indissolubile ad una figlia che dietro all’apparente fragilità nasconde un lato oscuro e spietato, aspetto che l’uomo pare quasi non voler vedere, intenerito dagli sguardi fissi e sgomenti della ragazzina, che dietro alla maschera della timidezza cela una vena di furiosa follia.
Impeccabile la performance di Alba Rohrwacher, che qui veste i panni di una diciassettenne profondamente disagiata, illusa di poter conquistare un fascinoso compagno di scuola solo perchè lui ogni tanto le rivolge la parola ed un sorriso.
Sconfitta dalla brutalità del mondo reale che si scontra con le sue ambizioni quasi impossibili, sarà incapace di reagire in maniera costruttiva e matura davanti alle prime delusioni esistenziali, con esiti disastrosi per se stessa e gli altri.
Francesca Neri usa la sua bellezza austera e magnetica per calarsi nei panni di Delia, moglie di Michele e madre della cupa Giovanna. La donna, persona concreta che si dissocerà sin dal principio dai sogni privi di fondamento del marito, sembra essere indifferente nei confronti di una creatura generata da lei e negata in ogni modo, forse perchè simbolo di un’esistenza monotona ed in contrasto con la sua immagine di signora seducente e spigliata, che sentiva di meritarsi di più da quella vita fatta di pallida quotidianità matrimoniale.
Nonostante la spiccata mancanza di empatia, Delia sarà però in grado di percepire chiaramente la personalità della figlia, restandone profondamente amareggiata, senza tuttavia farsi troppe domande sulle proprie responsabilità di madre, forse perchè troppo impegnata a rimpiangere la propria gioventù perduta.
Nel cast appare anche Ezio Greggio, che si mostra perfettamente a suo agio nel ruolo di un poliziotto amico di famiglia, segretamente innamorato di Delia, ma troppo legato dall’amicizia verso Michele per dichiararsi.
Dai risvolti malinconici e l’atmosfera nostalgica, questa è la cruda storia di un brutto anatroccolo che scopre troppo tardi la propria impossibilità di trasformarsi in cigno, e decide allora di vendicarsi mutando lo sconforto interiore in rabbia, quasi per far si che anche il mondo partecipi concretamente alla sua profonda sofferenza.
Il film sembra voler essere anche una riflessione amara e sentita sul ruolo dei genitori, spesso “ciechi” davanti alle pecche più o meno gravi dei propri figli, per cui si cerca di trovare una giustificazione anche quando questo significa ignorare i fatti per renderli più facili da gestire e meno difficili da accettare, dimenticando però come il buon senso non debba mai essere messo da parte, neanche quando lo si fa in nome dell’ amore.