di Pier Luigi Cavalchini
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E’ stato molto netto Flavio Lotti, coordinatore della marcia Perugia-Assisi, nel ribadire il concetto dell’impegno personale – dimostrato con un’attività fisica importante – collegato con l’interesse generale. Attenzione ai problemi e alle dinamiche internazionali, d’altronde ben sintetizzate in un passaggio della lettera del Sommo Pontefice “siate attenti e reattivi, soprattutto combattete l’indifferenza”, sensibilità per tutto quello che ci sta intorno in una società di forte cambiamento.
Su questo, continua Flavio Lotti “rispetto al passato, la Perugia-Assisi non prende a emblema un solo conflitto, una sola pace necessaria, ma vola più alto sotto lo slogan ’contro l’indifferenza’”.
E va oltre, Flavio, ricordando che si è in marcia insieme “ contro 80 conflitti che ci sono attualmente nel mondo, ma anche contro i femminicidi, contro le mafie e contro i poteri che tessono le maglie di una economia sporca che permette a un terremoto di causare un massacro”. Soprattutto “ la marcia ha un senso se non diventa una parata. Se dietro ogni rappresentante c’è un impegno” .
Alle parole del coordinatore si è unita la FIMA (Federazione Italiana dei Media Ambientali) portando direttamente i saluti e la disponibilità a future collaborazioni a tutto lo staff organizzativo.
Si è camminato per 24 chilometri lungo la via della non violenza tracciata nel 1961 da Aldo Capitini, rilanciata in questi giorni con la firma della “Dichiarazione di Pace”, per poter perseguire – giorno dopo giorno – uno stile di vita sempre più aderente agli obiettivi di sviluppo sostenibile tracciati dall’ONU nel settembre 2015. Gli stessi ripresi nella Conferenza di Parigi COP 21 del dicembre 2015, che ci portano ad una riflessione profonda su quanto sia importante (ma anche difficile) iniziare una inversione di tendenza nel nostro modo di “fare sviluppo”. Un sistema che, passando dal colonialismo al neo-colonialismo e, oggi, a nuove forme di “sfruttamento” delle materie prime delle nazioni più povere, sta portando ad un collasso che non è più solo economico-finanziario ma che comincia ad essere anche di valori.
Come sempre la partecipazione è stata consistente e, con buona approssimazione, si è raggiunta la ragguardevole cifra di circa 120.000 partecipanti, equamente distribuiti fra nord Italia (specie il TriVeneto), centro, sud e isole. Secondo la miglior tradizione “variegato” e con la lodevole assenza (tranne qualche sporadico caso) di bandiere di partito, sostituite da quelle delle ACLI, delle associazioni scoutistiche, dalle varie rappresentanze sindacali, dall’ANPI, da centinaia di altri gruppi di difesa dell’ambiente, del territorio, della salute e dei diritti di ogni genere e colore. Da rimarcare la presenza di nutriti gruppi, perfettamente integrati, di varie etnie e religioni che hanno percorso regolarmente tutto il tragitto fino alla Rocca di Assisi per gli interventi di chiusura (fino circa alle ore 17). Si è notato il ripetersi di una tendenza già presente nelle ultime marce (che, come è noto, si svolgono con scadenza biennale): l’amichevole, a volte entusiastica, accoglienza delle popolazioni locali, sia a Perugia, sia lungo il tratto, sia ad Assisi. Un susseguirsi di segnali importanti (striscioni ai balconi e alle finestre, gruppi musicali che hanno ripetuto pezzi in segno di saluto e, per ultima, la disponibilità a dare “generi di conforto” come acqua, latte, panini, al passaggio della pacifica colonna.
Importantissimo l’atteggiamento delle forze dell’ordine, sempre discrete e organizzate, con un controllo preciso specie nelle vicinanze delle basiliche della città di San Francesco, come è pure da rimarcare l’attenzione da parte del mondo politico umbro e nazionale, con più esponenti politici che, a fianco dei marciatori-manifestanti, hanno fatto capire che ci possono essere persone/gruppi che si impegneranno per trovare le soluzioni migliori per la pace (anzi, per le “paci”). Al proposito, è risuonata più volte la richiesta – vibrante – di una interruzione da parte dello Stato Italiano di ogni tipo di fornitura militare di guerra a tutti i Paesi (o ai gruppi) che si stanno oggi confrontando sul campo. Si è fatto cenno (specie nei comizi conclusivi) agli affari che attualmente fanno FinMeccanica, Beretta, FinCantieri e si è chiesto di trasformare la “Tavola della Pace” da un periodico momento organizzativo ad un più stringente “comitato di garanzia” a favore di pace e non violenza.
Un clima festoso, allietato da una giornata sostanzialmente di sole, distante migliaia di anni luce dalle marce degli anni Ottanta o Novanta in cui il “nastro” dei manifestanti attraversava paesi ermeticamente chiusi che vedevano i pacifisti più come barbari attaccabrighe che come semi di pace.
E proprio di “semi di pace” ha trattato il documento inviato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella “Desidero rivolgere un caloroso saluto (…), in special modo ai giovani che esprimono la loro speranza di vedere cancellate le guerre, le violenze e le limitazioni dei diritti umani in ogni angolo del mondo. (…) Il mio augurio è (…) che la vostra semina sia propizia”. Non possiamo che sottoscrivere.