Papa Pio V, la battaglia di Lepanto e i rapporti con l’Islam

palenzonadi Fabrizio Palenzona

 
“Il Sultano Selim II quand’ebbe novella di sua morte, fece fare a Costantinopoli tre giorni di pubblica festa, mentre l’ Italia e le cattoliche regioni in vero lutto si posero” (Vita del gloriosissimo Papa Pio V, scritta da Girolamo Catena).

 
Questo accadde nel maggio del 1572 quando il Sultano fu informato della prematura scomparsa di Papa Pio V, nato Antonio Ghislieri, domenicano severo e austero cui, evidentemente, lo sconfitto sultano riconosceva il ruolo di vero capo della Lega Santa che il 7 ottobre del 1571 aveva sbaragliato la flotta ottomana a Lepanto. Con ciò impedendo all’Islam il dominio del Mediterraneo, che, al tempo, significava il dominio del mondo.

Il 7 ottobre 2016 è caduto il 445° anniversario di quella battaglia e, purtroppo, credo che nessuno se ne sia ricordato. Neppure i parroci. E dire che, senza Lepanto, a quest’ora saremmo tutti con la testa inchinata alla Mecca, le donne velate e, se ciò non bastasse, pure senza vino in tavola!

Molti storici ritengono che le conseguenze di quella che resta una delle venticinque battaglie più importanti della storia occidentale, non siano state così rilevanti, forse questi illustri signori difettano di immaginazione o di logica. Quali sarebbero state le conseguenze di una sconfitta occidentale è individuabile alla luce dei programmi del Sultano: prevedevano il blocco navale dello Stretto di Gibilterra e, conseguentemente, il sacco d’Europa. Non erano promesse elettorali di un democristiano buontempone, ma di un impalatore professionista.

All’epoca dei fatti, sul soglio di Pietro stava, appunto, Antonio Ghislieri, figlio di pastori dipio-v Bosco Marengo in diocesi di Tortona, unico Papa piemontese e santo, del quale ebbi l’onore di presiedere i festeggiamenti per il 500° anniversario dalla nascita. Già questo sarebbe sufficiente a giustificare il mio ricordo. Ma voglio aggiungere una riflessione, certo modesta, sull’islam e la sua natura, che viene da un tempo lontano.

Era il 624 dc quando un ardito stratega, un genio militare e un capo religioso, Muhammad, decise di partire a conquistare il mondo con le armi. Lo fece attenendosi a una regola ferrea che trasmise ai suoi in questi termini: l’ordine viene da Dio, è immodificabile, noi – in quanto credenti alla Sua Parola increata, il Corano dettato dall’Angelo a me, ultimo e vero Profeta – siamo una comunità (umma) superiore a ogni altra, la sola che abbia ragione di esistere, e il volere di Dio è che occupiamo con la guerra il mondo liberandolo dagli infedeli in due modi: annientando i pagani per cui non dev’esserci pietà, e sottomettendo alla Sua legge, la Sharia, i seguaci della religione del Libro, ebrei e nazareni, i quali potranno convertirsi o vivere come cittadini senza diritti, i dhimmi, passibili di morte se resistenti.

Da allora fino al 1918 l’azione guerresca di conquista non ebbe alcuna interruzione e divise il mondo in due: da una parte Dar al Islam (Terra dell’Islam) dall’altra Dar al-Harb (Terra della guerra). Insomma per 13 secoli su 14 abbiamo avuto guerra. La sconfitta dell’Impero Ottomano, la scomparsa del califfato, alla fine del primo conflitto mondiale, è stata considerata la fine delle ostilità religiose e della fase violentemente espansiva. Le pretese di conquista esterna apparvero sospese per concentrarsi su vari nazionalismi, che cristallizzarono le divisioni all’interno dell’islam tra sunniti (maggioritari) e sciiti (minoranza nel mondo, ma con il primato in Iran): nazionalismo arabo, persiano, pachistano eccetera. Il tutto frutto di un disgraziato assetto deciso a tavolino dalle potenze vincitrici.

Al Qaeda e l’Isis hanno riaperto le ostilità da 25 anni, dichiarandolo espressamente ed espressamente legandosi a questa storia. Si dice, però, che questa guerra di riconquista sia limitata ai fondamentalisti, che sono una percentuale minima rispetto al miliardo e seicento milioni di musulmani. E che non rappresentano il vero islam, che sarebbe pacifico, non più votato alla sottomissione del prossimo con la forza.

Bene! Ma preferirei sentirlo dire chiaro e, soprattutto, leggerlo nelle costituzioni e nei codici di diritto dei paesi islamici. Cosa sono, infatti, 100 anni su 1400? Dobbiamo credere che 1300 anni siano stati meno espressivi degli ultimi cento?
Se volessi far polemica ricorderei episodi particolari: ad esempio cosa succedeva in Spagna, e non solo, prima della battaglia di Lepanto, anzi ritardando la battaglia di Lepanto, con l’utilizzo dei clandestini. Sì, anche allora… Ma è il passato, il modo cambia e le situazioni sono certo diverse. O no?

In quei tredici secoli di lotta (musulmana) continua le barriere decisive su cui si infransero le aggressioni conquistatrici furono tutte legate alla capacità di crear lega del cristianesimo specie in nome della “Santissima Vergine”: Le principali furono due.

Il 7 ottobre, ancora oggi, è la festa della Madonna del Rosario – prima detta “della Vittoria” – cui Pio V riconobbe il merito dell’esito favorevole di quello scontro (1571).

E così fu nell’assedio di Vienna, circa un secolo dopo, il 12 settembre del 1683, un’altra Lega santa che grazie all’intervento decisivo del Re di Polonia Giovanni III Sobieski vinse contro ogni previsione una battaglia, questa volta da tutti, considerata fondamentale. Lo fece in nome della Santissima Vergine di Częstochowa: anche in questo caso la mano dei preti salvò il diritto dei laici ad essere anticlericali… Fu il beato padre Marco d’Aviano, cappuccino inviato dal comasco Papa Innocenzo XI, a coalizzare le forze e a spingere, disarmato, alla battaglia che fu vinta nonostante la schiacciante superiorità di uomini e mezzi degli assedianti: era il 12 settembre, e perciò quel giorno fu istituita la festa del Santissimo Nome di Maria. In realtà la battaglia cominciò prima, l’11 settembre… Una data che Bin Laden ricordava molto bene. E anche noi.

So che a molti tutto questo fa venire l’orticaria ma la storia, come le radici, non si cambia a piacere.

Oggi, laicamente, noi riteniamo che il confronto con l’Islam interpelli la fede intesa come “fatto privato”, e che tutte le fedi e le culture nate da esse debbano convivere in un multiculturalismo asettico. Detta cosi la ritengo una assurdità. La storia dice altro, e bastino gli esempi fatti e la guerra dichiaratici dall’Isis. Il completo annientamento dei cristiani e degli altri fedeli non musulmani nei paesi occupati è un monito.

Ma ammessa e non concessa questa riduzione al privato delle fedi, credo debbano essere fatti valere almeno i principi dello Stato laico su cui si fonda anche il diritto internazionale. Facciamo un esempio. A Roma esiste la più grande moschea e istituto culturale in al-badhdadipiena attività fuori dai territori islamici. (A proposito, solo per memoria: Maometto e i suoi avevano l’ordine di conquistare Roma o è stato revocato? Il Califfo Al Baghdadi sta sul pezzo, degli altri non si sa). E’ stata ed è finanziata dall’Arabia saudita e da altri Stati islamici.

Perché non applichiamo il laicissimo principio di reciprocità? E’ un fondamento del Diritto Internazionale. Perché non lo facciamo valere in questo caso?
Sappiamo bene che in Arabia Saudita, ma non solo, è reato punibile con la morte l’apostolato o l’esibizione dei simboli cristiani alla Mecca. Finché la legislazione (la Sharia) dell’Arabia Saudita non lo consente anche noi chiudiamo quello che è stato da loro finanziato. E’ un esempio, ma sembra che si abbia timore ad affrontare il tema islam come nel clamoroso caso di Grozny.

Non si capisce perché non si parli dell’incontro di Grozny (salvo la nobile eccezione di Carlo Panella su Libero del 7 settembre scorso) dove 200 autorità sunnite islamiche hanno stabilito che il wahhabismo (la dottrina islamica di Arabia Saudita, Qatar e Isis) è fuori dalla umma sunnita in quanto “deformazione dell’Islam che porta all’estremismo”. Una scomunica! Molto più della condanna del terrorismo. Questo sì aiuterebbe i “moderati”. Ma nessuno lo fa sapere, nessun imam di casa nostra lo fa sapere. E neanche le tivù e i grandi giornali. Paura dell’Arabia, del Qatar? Non sarà mica per interesse? E se fosse, di chi?

E qui mi permetto un paio di considerazioni, partendo da Lepanto e Vienna.

1) Non può essere un infondato multiculturalismo asettico, cioè un frappé di culture Fallaci Orianabuttate lì, ma solo la nostra civiltà cristiana a essere la base del dialogo per la convivenza, anche, direi soprattutto, con genti di culture diverse. Sono credente, ma mi unisco in questo alla convinzione di laici geniali come Benedetto Croce e Oriana Fallaci, secondo cui 2000 anni di storia cristiana costituiscono la nostra radice, disconoscendo la quale siamo morti, sradicati, cioè buoni solo da ardere.

2) Se noi, credenti o meno, non riconosciamo quelle radici, se ci accontentiamo di rivendicare diritti individuali e non accettiamo i doveri e i sacrifici connessi al mettere al mondo figli, all’accettare di riempire il nichilismo gaudente di oggi con qualcosa di solido e vero; se non abbiamo qualcosa di caro per cui vale la pena di morire (Oriana Fallaci), allora saremo schiantati e non avremo possibilità di confronto con chi, come gli islamici, riempie il vuoto con un pieno spirituale orgogliosamente anticristiano, terribilmente più forte delle nostre scarse o frivole convinzioni.

Concludo laicamente.
Perché, almeno sui principi di reciprocità tra Stati, sul riconoscimento esplicito e formale dei diritti inalienabili di ogni persona donne, uomini, gay, lesbiche, bambini e bambine, delle libertà religiose eccetera, non dimostriamo un po’ di dignità da homus erectus? Così facendo, oltre la nostra autostima, non aiuteremmo pure i moderati?

Ps. Spero che qualche anima buona non scomodi le crociate o l’inquisizione. Le crociate furono guerre di difesa dopo secoli di angherie. E l’Inquisizione va contestualizzata. Una cosa è, comunque, certa: nessun cristiano oggi brucia streghe, ma molti sgozzano ancora in nome di Allah.