A dieci, dodici anni si giocava a pallone.
Nel cortile sotto casa, nel campetto in parrocchia, in qualsiasi spazio avesse una seppur approssimata forma rettangolare; ai due lati brevi ammalloppavamo i nostri maglioncini per disegnare i pali delle porte.
Lo si faceva tutti.
I maschietti, intendo.
Era il modo per rivendicare la nostra fanciullezza libera, dove le regole erano chiare e venivano applicate secondo criteri adattabili ai tempi e gli spazi che avevamo.
I nostri genitori non intervenivano nel gioco; i padri se non per dirimere qualche diatriba su un fallo da rigore o un calcio d’angolo; le madri solo per decretare la fine della partita insieme all’inizio della merenda.
Pochi giorni fa ho sostituito per un paio d’ore la collega di Educazione Fisica (oggi si dice Scienze Motorie per dare dignità ad una disciplina che nasce millenni faper dare dignità all’essere umano – le contraddizioni della storia).
In palestra le ragazze hanno scelto di dedicarsi alla pallavolo, autogestendosi. I ragazzi organizzano due squadre per una partita di calcio che mi cimento fieramente ad arbitrare.
Premesso che la mia attività di collaboratore del CONI per i centri giovanili di avviamento allo sport si è conclusa da quasi vent’anni, ho vissuto sessanta minuti (più dieci di recupero) in un mondo nuovo dove le scoperte si sono succedute senza sosta.
Ve ne racconto alcune, convinto che Piero Angela e Roberto Giacobbo ci marcerebbero per una stagione intera.
Abbigliamento
Il dress code prevede una maglia (non importa quale) numerata e un paio di scarpe vistose, preferibilmente rosso fuoco o blu elettrico.
Schemi
Non ci sono schemi né ruoli. Ognuno sprigiona individuali dribbling salvo poi perdere la palla.
Regole
Non occorre conoscerle. Ciò che conta è alzare il braccio ogni volta che la palla esce per reclamare il fallo laterale.
Simulazione
Una buona parte di ragazzi è istruito a cadere (con maestria) dopo ogni contatto fisico per rivendicare il calcio di punizione o il calcio di rigore.
Parole
È indispensabile criticare la concessione di un fallo all’avversario facendo leva su monosillabi (noooooo….) o spezzoni di frasi (ma vaffffff……..) sbarrando gli occhi a favore della telecamera (come se ci fosse).
Vincere e perdere non fa alcuna differenza, al termine della partita ci si aggrappa al cellulare sperando che almeno quello sappia dare risposte che i grandi – ahimè – non sanno dare più.