“…ancora oggi è lei l’unica che non ho mai dimenticato: Malèna..” Renato Amoroso
Castelcutò, immaginario paesino siciliano, anni 40.
Il tredicenne Renato, insieme ai suoi coetanei, pedala spensierato guardando con interesse il mondo degli adulti, non vedendo l’ora di farne parte. Un giorno, si imbatte per caso nella bellissima Maddalena Scordìa detta “Malèna”, giovane moglie di un uomo partito per il fronte, oggetto di critiche ed invidia, desiderata dagli uomini e criticata dalle altre donne. Attraente, raffinata e misteriosa, da sempre diventa frutto di pettegolezzi maliziosi e battute svenevoli anche solo quando si reca in paese, attirando sguardi compiaciuti.
Il ragazzino resta profondamente affascinato dalla donna, sviluppando per lei un amore segreto, sincero e pungente che lo tormenta giorno e notte. Il tempo passa, e gli animi cittadini, già resi ostili dal clima bellicoso che circola nell’aria, contribuiranno a rendere la vita della ragazza ancora più complicata di quanto già non sia. Renato diverrà quindi suo malgrado un osservatore passivo, ferito da una situazione che non può cambiare, in quanto incapace di proteggere dalle malelingue la giovane, sempre più sola e vulnerabile.
Il regista Giuseppe Tornatore dà vita ad una storia fatta di sogni e desideri, ipocrisia ed invidie, mettendo in luce vari temi fra cui la scoperta della sessualità nell’età adolescenziale, e la situazione delle donne in quel periodo neanche tanto lontano, in cui la figura femminile era sottoposta ad un giudizio maschilista e retrogrado, specie in un contesto in cui l’unico ruolo sociale consentito era quello di madre e moglie.
Il film, uscito nel 2000, è reso ulteriormente piacevole dalla colonna sonora del maestro Ennio Morricone, che suggerisce atmosfere nostalgiche e malinconiche per una vicenda dove sguardi e melodie risultano decisivi tanto quanto parole e azioni.
Giuseppe Sulfaro recita in modo genuino e convincente la parte di un teenager turbato dalle grazie di una donna impossibile, capace nonostante la sua età di amare in modo profondo e platonico, in quanto anche le sue fantasie, seppur sensuali, sembrano essere solo una parte del sentimento tempestoso e gentile che lo vorrebbe accanto alla sua amata, progetto a cui potrebbe anche rinunciare nel nome della felicità di lei.
Monica Bellucci ha la fisionomia adatta per rappresentare la signora Scordìa, quasi infastidita da quell’aspetto giunonico, fonte di tanti disagi, ma allo stesso tempo convinta che indossare”l’abito buono” e mettere il rossetto non sia poì così grave, inconsapevole dell’invidia che può suscitare una donna ancora in grado di trattare il proprio corpo con quelle cure che molte riservano ormai solo alle stoviglie. Saranno diversi i passaggi che dovrà affrontare per diventare finalmente una persona “rispettabile”, prigioniera di un ambiente in cui perdere beltà e gioventù poteva rappresentare un primo passo verso una redenzione forzata ed ingiusta, ma purtroppo necessaria per convivere con gli altri.
Si guarda la pellicola chiedendosi quanto possa essere nocivo in determinate realtà rappresentare un sogno erotico per gli uomini e un modello estetico irraggiungibile per le donne. E allora forse, dopo aver visionato il film, si avrà voglia di passeggiare sperando di incrociare le movenze austere della giovane signora Scordìa, fasciata nei suoi vestiti immacolati, per difenderla da chi vorrebbe collegare all’avvenenza fisica una sicura promiscuità, quasi come se godere della propria bellezza sia più condannabile del cercare di sporcare la dignità altrui in nome di una profonda frustrazione personale.