La poesia della scena settecentesca: Goldoni e Alfieri [Quarta di copertina]

Arcadia - Bosco-parrasiodi Pietro Mercogliano

 
Buona parte della Storia delle Letterature può essere studiata attraverso le vicende di gruppi e accademie. Certo è chiaro che l’atto creativo si deve all’abilità tecnica e alle riflessioni del singolo, e nulla si vuol sottrarre alle travagliate gestazioni e all’ispirata sensibilità che ardono nel singolo genio e nel singolo mestierante: motivo per cui è certo motivo di fascino e interesse l’approfondimento della formazione e dell’ideologia di ogni autore, preso di per sé oppure inserito nel contesto del suo tempo e del suo spazio. Ma è utile anche considerare come molto del lavoro e delle scelte sia spettato a cenacoli e collettivi, esoterici o pubblici che fossero.

Rimane di una certa fama l’idea che Dante Alighieri appartenesse a un gruppo chiamato “i Fedeli d’Amore”, e che buona parte di quanto ha scritto sia comprensibile solo attraverso il linguaggio di simboli messo a punto da costoro; non sapremo forse mai nulla sui Fedeli d’Amore: se sono una storiella da thriller non c’è nulla da sapere, se sono una realtà tengono bene il loro segreto.

Invece l’Arcadia agisce al sole: ha on-line un sito molto chiaro, cita tutti i suoi appartenenti passati e presenti, organizza annualmente conferenze nella sua sede romana negli spazî della Biblioteca Angelica. E il suo ruolo nella nostra letteratura è innegabile ed innegato. In particolare nel XVIII secolo, ossia nel corso delle generazioni appena successive alla sua fondazione (che avvenne nell’ultimo decennio del XVII), l’Accademia dell’Arcadia segnò l’intera epoca col suo limpido gusto classicistico.

Rispettivamente coi nomi d’accademia di Polisseno Fegejo e di Filacrio Eratrastico, furono arcadi tra gli altri Carlo Goldoni e Vittorio Alfieri. L’Arcadia non è l’unico punto di contatto fra i due, e sono diversi i motivi per cui è difficile studiare l’uno senza concentrarsi anche sull’altro. Citerò qui almeno due aspetti, entrambi emblematici in generale del secolo tutto: il teatro e l’autobiografia.

Carlo Osvaldo Goldoni è noto soprattutto – e certo a ragione – per le sue Carlo_Goldoni_(1)commedie. In un’epoca in cui la scena comica era tenuta dalla recita a soggetto della Commedia dell’Arte (ed era quindi priva di un testo completo, ma si basava su un canovaccio che fungeva da linea di guida basandosi su caratteri fissi), Goldoni portò una novità totale: prima scrisse alcuni testi ibridi che comportavano alcune parti completamente stese ed altre lasciate in forma di canovaccio (in un secondo momento avrebbe ripreso in mano anche queste opere per finirne la scrittura in ogni parte), e successivamente iniziò a scrivere una gran quantità (sedici per il solo 1750) di commedie modernamente intese con le battute e tutte le indicazioni fondamentali per gli attori; questa innovazione consente alle opere goldoniane di portare in sé idee sulla morale e sulla società e di osservare strutture retoriche ed architettoniche ben piú evolute di quanto fosse possibile alle recite a soggetto.

Alfieri bustoDel Conte Vittorio Amedeo Alfieri per contro si ricordano soprattutto – oltre alle poesie – le tragedie. Si tratta di ventuno opere (ventidue includendo anche la sua “tramelogedia”, tentativo d’integrare tragedia e melodramma, intitolata “Abele”), di argomenti antiquarî o biblici e mitologici, che ora – mi sento di affermare senza approfondire troppo le ricerche, pronto comunque a esser smentito – non si eseguono piú in teatro: ma che al loro tempo facevano saltare d’emozione e gridare la gente in sala e ricevevano richieste ininterrotte di replica; per tutta la vita Alfieri meditò il suo “verso tragico”, fino a condurlo a un’incisività di tipo scultoreo per consentire l’immediata rappresentazione dell’azione e la trasfusione degli ideali dell’Autore sulla libertà e sullaAlfieri vita nobiltà morale dell’Uomo. Nel Teatro di entrambi gli Autori, ognuno a suo modo, si leggono le alte idee dell’illuminismo francese.

Entrambi ebbero molto a che fare con il mondo francese, come facilmente si può verificare su una qualunque biografia. Per l’intera vita di Alfieri e per parte di quella di Goldoni abbiamo proprio l’autobiografia, e si tratta di due assoluti capolavori di appassionante lettura.

Goldoni MemorieI “Mémoires” di Goldoni, divisi in tre parti, costituiscono un interessante affresco del mondo teatrale europeo del tempo: e contengono, anche nella narrazione delle non poche avversità, un’allegria di vita che fa bene all’animo. Piú ordinata e letteraria è la “Vita” di Alfieri, divisa nelle diverse età dell’Uomo: la passione per l’arte e l’ardore civile svettano statuarî nel mezzo delle molte avventure.

Il Settecento è un’epoca strana, perché appare come un’epoca d’incubazione: le rivoluzioni e Napoleone ed il Romanticismo erano per Amadeus2nascere, e cosí l’industrializzazione ed il tempo della comunicazione in cui ancora viviamo; d’altronde, però, è una visione falsata – pur se necessaria, e magari bella – quella che legge le epoche dal di dopo. Il Settecento di “Barry Lyndon” e di “Il Casanova di Federico Fellini” è meraviglioso, e cosí quello di “Amadeus” di Forman e del “Don Giovanni” di Losey: ma perché non concedere anche una possibilità anche a quello dei “Mémoires” di Carlo Goldoni oppure della “Vita” di Vittorio Alfieri? Si rischia di rimanerci innamorati.