Amadeus [oltreilciak]

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“Ma perchè, perchè Dio avrebbe scelto un fanciullo osceno come suo strumento?” Salieri

 

Italia, 1823. Antonio Salieri è un ex compositore ormai anziano, ospite di un manicomio in quanto ha tentato di togliersi la vita, scosso da alcuni ricordi che sembrano tormentarlo con costanza. A fargli visita dopo l’accaduto arriva un giovane prete che lo invita a confessargli i pensieri che lo turbano, sperando così di alleviare la sua sofferenza e fargli ritrovare almeno un minimo di tranquillità. Inizialmente titubante, il signore inizia poco dopo a narrare al religioso la sua storia, quella di ragazzino ambizioso che sin da piccolo sognava un avvenire come compositore di corte, mezzo per elevare se stesso e glorificare Dio, progetto che con molta fatica riuscirà a realizzare, diventando infatti un autore apprezzato alla corte dell’imperatore Giuseppe a Vienna. La sua carriera sembra procedere per il meglio sino a quando non compare in scena un geniale rivale: Wolfagang Amadeus Mozart.

Non solo soltanto note quelle che il giovane scanzonato arrivato da Salisburgo  Amadeus 1 propone al pubblico, nei suoi spartiti vi è un turbinio di potenza ed armonia che travolge letteralmente Salieri. L’uomo, non abbastanza talentuoso per poter competere con Amadeus ma perspicace quanto basta per comprenderne la grandezza, rimane profondamente colpito dalla bravura del compositore, peraltro già famoso e stimato, che poco dopo il suo arrivo a Vienna attira la simpatia di noti personaggi dell’epoca fra cui l’imperatore Giuseppe.

Sin da subito il capace musicista viene ritenuto brillante e innovativo, pur ricevendo anche delle critiche per il suo fare ilare e scanzonato, che pare comunque non offuscare le sue indubbie capacità, con profondo rammarico da parte di Amadeus 2Salieri, messo nell’ombra e motivato più che mai ad essere il migliore in assoluto. L’uomo, giorno dopo giorno viene stordito dalle opere di Mozart e indignato davanti al suo stile di vita poco ortodosso, inoltre si interroga sul perchè Dio avrebbe scelto una persona dai modi così “osceni” per un dono prezioso e raro come il talento musicale. Furioso e avvilito, arriva gradualmente a sviluppare un’ammirazione morbosa nei confronti del giovane, così dotato ed eccelso ma anche ingenuo e spontaneo, ammirato dagli uomini e corteggiato dalle donne, fino a trasformare la sua stima in un misto di invidia e adulazione, che lo porteranno ad architettare un piano diabolico.

Il film del 1984 del regista Milos Forman si basa sulla presunta ma mai verificata rivalità, che ci sarebbe stata fra i due compositori dell’epoca descritta nell’opera teatrale di Peter Shaffer.  Vincitore di ben otto premi Oscar nel 1985, ed inserito nel 1998 dall’American Film Institute al 53° posto nella classifica dei migliori cento film statutinensi, la pellicola si rivela capace di catturare l’attenzione coinvolgendo lo spettatore. Un racconto di ambizione ed invidia, ossessione e passione, reso ancora più efficace grazie alla fotografia di Miroslav Ondricek che cattura il tenace sogno di un uomo contrapposto alla vita sregolata di un giovane genio, abituato sin da piccolo a comporre musica, ma capace di dare ai suoni quel tocco personale che lo contraddistingue dalla massa. Una vicenda ricca di colori e costumi, rappresentazione nitida e vivace dell’eterna lotta fra la mediocrità che sembra far comodo alla maggior parte della gente e l’esuberanza di chi ha capacità fuori dal comune, spesso non capite o oggetto di critiche infondate.

Memorabile la scena in cui Mozart presenta un’ opera impeccabile Amadeus 3all’imperatore e costui, forse in buona fede ma poco esperto di musica e spalleggiato da melliflui musicisti di corte, dichiara che sia stupenda ma che abbia “troppe note”. Tom Hulce non poteva essere migliore di così nella parte di Amadeus, con il viso sbarazzino e irriverente, e quella risata buffa che lo rende amabile per tutto il film, quasi uno scherno verso chi non tollera che dietro all’aspetto di un comune giovanotto dall’aria giocosa si possa nascondere un asso della musica. Assolutamente impeccabile l’interpretazione di F.Murray Abram nella parte di Antonio Salieri, capace di comunicare il forte senso di impotenza che lo affligge anche solo tramite lo sguardo, che muta non appena compare davanti a lui il suo idolo detestato e amato allo stesso tempo.

Un film da vedere non solo per farsi trasportare nella seconda metà del Settecento e godersi la storia di un artista conosciuto e originale, ma anche per riflettere su come a volte il proprio ego possa ergersi a giudizio nel tentativo di superare il prossimo. Salieri infatti non è altro che la personificazione di tutti coloro che anziché migliorare se stessi rimangono basiti davanti a ciò che non comprendono, annichiliti dalla magnificenza altrui e decisi a rovinarne la bellezza, sconfitti dalla consapevolezza di essere parte di quella media che cercano da sempre di superare, senza però ottenere risultati eccelsi.