Tu, il primo in alto a sinistra. Che ci sovrasti con la tua inarrivabile ironia, con quella faccia un po’ così, tanto a compatirci quanto a prenderci con affetto per i fondelli.
Tu che allora – in una rarissima istantanea dei primi anni ’70 proveniente dal disperso archivio di Radio Alessandria International laddove il tuo nome d’arte era “Isaia Mac Parodi” – intrattenevi il pubblico pomeridiano con la trasmissione più surreale di sempre a mia memoria, un mix tra il primo Paolo Villaggio e i Monty Phiton versione radiofonica.
Tu che, di sicuro non potendo scegliere, hai preferito scivolare via in pieno agosto quando la Città Grigia dorme ancora più del solito e molti dei suoi abitanti, me compreso, sono da qualche parte lontano da qui a fingere di riposarsi sotto un ombrellone o un abete in alta montagna.
Accidenti, che botta la notizia al ritorno. Purtroppo, come in tanti, troppi, casi, la vita dopo un po’ ci fa deragliare e, dopo i primi anni ’70 (quelli della foto) i percorsi divergono. L’amore, la professione, esistenze per forza diverse. Due o tre volte siamo riusciti ancora a ritrovarci attorno a un tavolo e mi ricordo che è stato bello. Sempre divertente perché il tuo umorismo era una rarissima forma d’arte. Chissà quanto e come usato, terapeuticamente, nella tua professione.
Addirittura, per queste righe (che ti devo e tu sai la ragione), mi costringi a specificare il tuo cognome – Credidio – perché nella foto sotto di te c’è un altro Maurizio (Amelotti) che, sublime tocco di humor nero (da parte tua?), potrebbe con scaramantica fobia credere sulle prime mie considerazioni di star poco bene. Sì, è una foto di redazione (giovanile, scapestrata, di belle e già superate speranze, dato quel momento storico) e allora fammeli citare tutti, dato che questa è l’unica tua immagine disponibile in rete: sotto di te Rosella, accanto l’altro Maurizio (il Cinese), la testa di Bob Orsetti, io al mixer in versione Che Guevara, Pinuccia Chiarlo e Manlio Lavezzi. Nomi importanti, ovvio non solo loro, per quell’esperienza rivoluzionaria e antesignana: Manlio fu il primo in assoluto a partire con le trasmissioni (con una parolaccia perché ancora non sapeva di essere in onda), il Cinese fu la sua spalla storica nella trasmissione Punto di Scontro, Rosella era Rosella (lo è ancora), Pinuccia stava nel team di fondazione e Bob navigava tra i pilastri di R.A.I.
Ma sto scantonando. Probabilmente lo sto facendo sin dalla prima riga. Concedimi l’emozione. Abbiamo passato belle notti insonni quasi un secolo fa. La psiche umana costituiva il nostro terreno d’incontro. La psiche con tutto quello che ci cova sotto. Eravamo intenzionati a farne professione, lavoro. Tu, solido come una roccia, ci sei riuscito. Io sono stato più farfallone. Ma così ero e così sono. Però una notevole esperienza ai confini della realtà ce la siamo goduta… Beh, qui non posso proprio parlarne.
Che dire ancora? In realtà non ho detto proprio nulla. Mi sento inadeguato. Non sapevo nulla del tuo male e del tuo viaggio ultimo ho appreso due settimane fa. Non avresti, temo, gradito incoraggiamenti di facciata o doglianze retoriche. Isaia Mac Parodi l’avrebbe giocata sulla battuta tagliente, tanto saggia quanto amara. Breve, secca. Già, allora, negli anni ’70, eri uomo da lunghe occhiate significative e assolutamente espressive. Poche parole, uno sguardo, una risata.
Addio, indimenticabile amico.
(Solo due settimane, solo due. Un po’ di vacanza, un po’ di lavoro: quanto è bastato per privarci di Lorenzo Pellizzari, Maria Clotilde Buscaglia, Marisa Vescovo e Leo Fara. E Maurizio, che per me è stato speciale, credo si sia capito. Dovrò tornare, lo anticipo, sull’importanza degli amici e delle amiche che se ne vanno anzitempo e sul vuoto che lasciano nell’anima un po’ frantumata della nostra città. Peraltro Il Superstite fa parte per definizione di una categoria a rischio. Inutile fingere che la morte non lo riguardi. Ma, omaggiando Maurizio, un sogghigno tenterò di strapparvelo.)