Molto diversi fra loro per formazione e visione del mondo, Parini e Metastasio – importantissimi poeti della nostra Storia Letteraria – sono accomunati da diversi tratti che in un certo senso rendono difficile comprendere l’uno senza conoscere l’altro: l’Arcadia e la poetica, Mozart e i drammi, la strana vicenda della fama. Entrambi furono abati, e molto influirono in questo considerazioni d’opportunità di carriera.
Membro dapprincipio dell’Accademia dei Trasformati, Parini s’indirizzava fin dalle sue prime prove poetiche verso un classicismo di matrice cinquecentesca e verso scelte poetiche vicine all’Accademia dell’Arcadia: la celebre Accademia romana (tutt’ora attiva) che aveva alla sua fondazione lo scopo della definizione di una nuova poetica ordinata e classicheggiante, che individuasse in Dante Alighieri e Omero – o almeno in Petrarca – i proprî modelli in reazione alla confusione e al cattivo gusto (questa era la percezione) del Barocco; a partire dal 1777, Parini fu arcade col nome d’accademia di Darisbo Elidonio. Dal canto suo, Metastasio fu arcade col nome d’accademia di Artino Corasio fino all’anno 1782 in cui è morto; e Metastasio fu anche il pupillo di Gian Vincenzo Gravina in persona, che ne curò l’educazione e l’istruzione preparandone la folgorante carriera: cofondatore dell’Arcadia, Gravina ne rappresentava l’anima piú radicale – quella che propugnava i modelli di Dante Alighieri e di Omero – e fu proprio lui (tra l’altro) a proporre l’ellenizzazione del cognome ‘Trapassi’ del Poeta in “Metastasio”.
Pare che il piccolo Pietro Trapassi attirasse grandi folle romane che lo ascoltavano improvvisare in perfette forme poetiche, e che in questa moltitudine si sia una volta trovato Gravina; questi, colpito dal carisma del giovinetto e dal suo straordinario talento, lo prese con sé (dietro l’entusiastico consenso del padre) e lo portò per l’Italia ad acculturarsi e a farsi conoscere prima come improvvisatore estemporaneo e poi come raffinato poeta: a quattordici anni Metastasio aveva già composto una tragedia alla maniera del latino Seneca, a venti i suoi protettori morirono e lo lasciavano già ricco di denaro e di amplissima fama. Meno facile fu la vita del giovane Giuseppe Parino (cognome in seguito anagrammato in “Ripano” e infine modificato in “Parini”), comunque dignitosa ma non sfolgorante di un tale sfarzo: l’occupazione come precettore prima e le cariche pubbliche poi gli garantirono in ogni modo la serenità che gli era necessaria per gli studî e per la composizione poetica; e l’ampia considerazione di cui godette già in vita gli diede l’agio di poter scrivere ciò che gli interessava, oltre a ciò che gli serviva.
Le Canzonette di Metastasio e le Odi di Parini sono rimaste a lungo un modello imprescindibile di stile e forma poetica: piú cantabile e sentimentalista il primo, piú netto e ideologicamente impegnato il secondo; Metastasio piú apprezzato nelle corti e nei salotti di società, Parini piú nei circoli illuministici e nelle redazioni di giornali.
Ma gran parte della notorietà e dei profitti vennero a entrambi dalla scrittura di libretti per le scene musicali (melodrammi, opere serie, oratorî, azioni, ecc.), e tanto l’oratorio “La Betulia Liberata” di Metastasio quanto l’opera pastorale “Ascanio in Alba” di Parini arrivarono a essere musicate da Wolfgang Amadeus Mozart (rispettivamente coi numeri di catalogo K118 e K111).
E, per quanto oggidí possa apparire paradossale (dal momento che tutti sanno canticchiare a memoria almeno un motivetto di Mozart, mentre sono relativamente pochi quelli che sanno citare all’impronta un verso di Metastasio o di Parini), non era chiaro all’epoca chi nobilitasse chialtri: prova ne siano l’agio in cui morí Parini e lo sfarzo di Metastasio, in contrasto all’indigenza degli ultimi giorni di Mozart.
Metastasio e Parini erano poeti di moda e alla moda: eleganti, raffinati, impeccabili. La produzione a ritmo industriale del primo e la granitica ideologia illuminista del secondo non sporcavano mai la limpida purezza dello stile.
Metastasio era celebrato come poeta sublime e come voce somma del suo Secolo, Parini fu definito da Giacomo Leopardi – che di Poesia capiva piú che qualcosa – il “Virgilio della moderna Italia”. Ma oggi chi legge l’uno o l’altro, se non per studio o nostalgia? Forse è l’eleganza che non va piú di moda.