“E la magia di rischiare tutto per realizzare un sogno che nessuno vede tranne te”
Frankie Dunn è un ex pugile dai modi bruschi e schivi che gestisce una palestra insieme a Scrap, suo fidato amico da parecchi anni. Solitario, appassionato di lingua gaelica ed in preda a dubbi esistenziali che lo portano ad andare in chiesa ogni giorno senza però trovare risposte adeguate ai suoi tormenti, invia diverse missive ad una figlia che non vede da tempo e da cui non riceve mai risposta.
La sua vita cambia ulteriormente quando Big Willie, un pugile che sta seguendo con costanza ed impegno, cambia manager e poco dopo vince il titolo mondiale, ammettendo però quanto sia stata importante la preparazione del suo vecchio allenatore per ottenere la vittoria.
Amareggiato per non aver spinto il suo protetto a lottare in quell’incontro, forse per paura del risultato, l’uomo sembra chiudersi ancora più in se stesso.
Un giorno nella palestra arriva Maggie Fitzgerald, una giovane proveniente da un ambiente molto umile che però paga anticipatamente sei mesi di iscrizione e si dice determinata a diventare una campionessa di pugilato. Nonostante le perplessità iniziali di Frankie, la grinta della ragazza ha la meglio sui suoi dubbi, e i due iniziano a lavorare seriamente, raggiungendo risultati degni di nota oltre che sviluppando un rapporto di fiducia e rispetto. I frutti del faticoso allenamento non tardano ad arrivare, la ragazza diventa un’atleta popolare ed apprezzata, motivo di grande orgoglio da parte dell’uomo, che le regala una vestaglia in seta per i prossimi incontri con su scritto “Mo Cùishle”, soprannome che ha affibbiato alla giovane e a cui non spiega cosa voglia dire.
Le cose procedono per il meglio fino all’incontro a Las Vegas con “Billie Blu” la campionessa del mondo in carica, persona senza scrupoli e già nota per diverse scorrettezze sul ring. L’esito del match sarà un colpo basso alle già travagliate vite di Maggie e Frankie, una stroncante casualità capitata proprio quando gli avvenimenti avrebbero avuto il sapore di una meritata rinascita per entrambi.
Uscito nelle sale cinematografiche nel 2004 e vincitore di quattro premi oscar, “Million Dollar Baby” è un film sensazionale e toccante, basato su un racconto della raccolta “Rope Burns” di F.X. Toole, il nastro appare colmo di dignità e speranza, ma anche di realismo e pietà. Il mondo della boxe usato quasi come metafora per rappresentare la realtà degli uomini, dove con fatica si arriva all’apice del successo e con poche mosse false si può perdere tutto, ritrovandosi a tappeto e senza più le risorse necessarie per riprendere il match, chiedendosi se forse non sarebbe stato meglio gettare la spugna in tempo.
Clint Eastwood non solo interprete ma anche regista del film, ci regala un storia emozionante, un racconto di fede e determinazione che non può non spingere lo spettatore a farsi delle domande proprio come Frankie, che si rivolge al prete della sua chiesa cercando spiegazioni e forse un assoluzione a peccati mai confessati.
Fotografia curata da Tom Stern, abile a catturare l’immagine di un uomo burbero e forte ma anche sofferente e riflessivo, che ogni giorno riesce a guardare il presente solo con aria di sufficienza, come se qualcosa di troppo importante per essere dimenticato stesse ancora aspettando di essere risolto in un passato mai trascorso del tutto. Morgan Freman perfetto e rassicurante nella parte di Scrap, amico di Frankie e voce narrante della pellicola, uomo dal vissuto infelice che vede sin dall’inizio il potenziale di Maggie, comunicando le sue impressioni al dubbioso Dunn.
Superba l’interpretazione di Hilary Swank nel ruolo di Maggie, ragazza di raro candore e dalla vita dura che lotta fino alla fine per raggiungere un sogno, mantenendo i piedi per terra ed imparando di volta in volta a muoverli al meglio per sferrare un attacco decisivo. Il film sembra volerci suggerire che una vittoria assoluta non può esistere per sempre, e che la purezza dei sentimenti può essere sporcata in qualunque momento, visto il cinismo delle persone, pronte a ridere dei fallimenti altrui e riluttante ad apprezzarne le vittorie, anche se duramente sudate. Sta al nostro coraggio decidere se andare avanti o meno, per vivere con pienezza la nostra occasione, anche quando fallire significa ritrovarsi ad essere l’ombra di se stessi, ricordando con malinconia quando veniva inneggiato il nostro nome.