“Siamo tutti un po’ crudeli Alfredo, chi più chi meno.”
Timoteo è un uomo sulla cinquantina, medico chirurgo stimato e sposato con una giornalista colta e di bell’aspetto. Un giorno, in sala operatoria arriva la paziente che non vorrebbe mai operare ovvero Angela, la loro figlia di appena quindici anni, reduce da un brutto incidente con il motorino. Mentre la ragazzina viene sottoposta all’intervento di cui si occuperà un collega, l’uomo si ritrova affacciato alla finestra dell’ospedale, quasi rassegnato alla peggiore delle ipotesi ma ancora speranzoso nei confronti della migliore.
Nell’attesa che Ada, un medico di cui è anche amico, gli comunichi l’esito dell’operazione, Timoteo inizia a riflettere sul suo passato, ed i ricordi lo portano indietro di molti anni, quando l’incontro con una giovane donna dall’aspetto trasandato e dai modi spicci, gli aveva cambiato l’esistenza, che fino a poco tempo prima trascorreva in maniera soddisfacente ma monotona. Sarà un rapporto viscerale ed intenso quello che nascerà fra i due, una storia d’amore cominciata in maniera pessima, e divenuta talmente potente da sfuggire al loro controllo, esperienza travolgente soprattutto per lui, stordito da un sentimento sincero, potente, di quelli che si vivono forse una volta nella vita, in alcuni casi nemmeno.
Castellitto, sia regista che attore della pellicola, se la cava egregiamente nel rappresentare ed interpretare la realtà apparentemente piacevole di un uomo che sembra avere dalla vita tutto quello che mediamente si desidera, e che si ritrova in grande difficoltà quando inizia a sperimentare un’esistenza più autentica, lontana dal suo ceto sociale, sentendo una forte complicità con una donna che in apparenza non avrebbe nulla in comune con lui, ma con cui invece si sente davvero se stesso. Penelope Cruz nel ruolo della donna di borgata, dal viso stanco e gli occhi languidi, ci regala una performance magnifica, in cui nemmeno la sciatteria del trucco e l’abbigliamento rozzo riescono a scalfire la sua sensualità, che unita ad un espressività fuori dal comune riesce letteralmente a far battere il cuore dello spettatore solo guardando dritto in camera. Claudia Gerini appare perfetta nel ruolo di Elsa, la moglie di Timoteo, una donna bella, sempre vestita in maniera consona, di buona cultura, dotata dell’intelligenza necessaria a capire che qualcosa non funziona da tempo nel suo rapporto di coppia, ma che invece preferisce non fare i conti con realtà, per tuffarsi nell’azzurro del mare ignorando anche i messaggi più evidenti che il marito le lancia. Degne di nota anche le interpretazioni di Angela Finocchiaro, nei panni della saggia e umana Ada, che sembra percepire gli stati d’animo del protagonista senza che quasi lui apra bocca, e Marco Giallini nella parte di Manlio, un collega dal fare diretto e scanzonato.
Le riprese di Non ti muovere (2004), prevalentemente effettuate in Molise, alternano la realtà medio borghese di Timoteo a quella più fatiscente in cui vive Italia: contesto che inizialmente l’uomo guarderà con diffidenza, nonostante lui stesso da giovane provenisse da un ambiente piuttosto umile.
Tratto dal bellissimo libro di Margaret Mazzantini, che nella vita reale è la compagna di Castellitto, il film risulta essere scorrevole e toccante, in grado di trasportare chi lo guarda in un turbine di emozioni. Molto azzeccata anche la colonna sonora firmata da Leonard Cohen, Nino Buonocuore, e Toto Cutugno. In particolare il brano di Vasco Rossi “Un senso” sembra voler sottolineare come nella vita spesso si facciano tante azioni, ma poche restano veramente impresse nella nostra memoria, dando veramente senso a quella che altrimenti sarebbe un’esistenza vuota. Un po’ come appare la vita di Timoteo prima dell’arrivo di Italia, e come resterebbe se perdesse quelll’unica figlia. Molto abile il regista nel raccontare questa storia drammatica e torbida, usando in modo sapiente i flashback, che ci danno proprio l’impressione di essere nella mente del protagonista, combattuto e spaventato da un sentimento che forse non riesce a nemmeno definire, ma senza il quale sente profondamente di non poter vivere.