Il signor Bonaventura…a stelle e strisce

Qui incomincia o qui finisce l’avventura del sig. Bonaventura, ricco ormai da far paura.

Chi, come me, ha vissuto il periodo del secondo dopoguerra, si ricorderà del personaggio del “Corriere dei piccoli” (il giornalino a me particolarmente caro perché sulle sue pagine colorate ho imparato a leggere) che si chiamava “il Signor Bonaventura”. Era il personaggio principale di un fumetto a strisce, contenute in una decina di riquadri, che parlavano delle disavventure di un signore in giacchetta rossa e pantaloni bianchi che però tutte le volte riusciva a ribaltare i guai con un lieto fine. La storia, raccontata in un italiano in rima, facile per attirare la curiosità dei bambini, si concludeva tutte le volte con la consegna di un premio in denaro, un milione di lire addirittura (diventato un miliardo poi alla fine degli anni cinquanta). Erano tutto sommato storielle che iniziavano così: “qui incomincia l’avventura del sig. Bonaventura, ricco ormai da far paura”, e la trama pareva fatta apposta per attirare in un certo senso anche i più grandi, che venivano dalla guerra e di disavventure erano diventati, loro malgrado, esperti.

La conclusione positiva dava loro un incoraggiamento a sperare nella ripresa di una vita degna dopo i disastri della guerra ed il milione del premio (cifra allora decisamente esagerata per le tasche del 99% degli italiani) dava quell’illusione che da sempre accompagna i poveri di tutti i continenti : quella di una vincita che possa cambiare decisamente il loro destino.

Di ricchi venuti dal nulla ne abbiamo poi conosciuti tanti nei decenni successivi e per tutti abbiamo avuto dei sospetti, dato che con il solo ingegno applicato ad un lavoro onesto è ben difficile creare imperi economici. Al massimo si conquista l’agiatezza e la tranquillità per un paio di generazioni, ma come recitava un saggio proverbio, la prima generazione ammucchia, la seconda difende più o meno l’integrità del mucchietto, la terza lo dilapida.

La premessa mi fornisce l’occasione per parlare di quel fenomeno apparso in America, indicato come uno dei probabili capi della nazione più potente del mondo: il miliardario Donald Trump. I giornali riportano puntualmente le sue “trumpate” che apparentemente dovrebbero danneggiare la sua immagine, ma che invece pare contribuiscano ad accrescerne la popolarità fra le fila dei suoi sostenitori. L’uomo dal ciuffo di capelli arancione è un magnate sorto nell’ambito degli immobiliaristi senza scrupoli e poi allargatosi al mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento, con un patrimonio personale accreditato di oltre 9 miliardi di dollari.

Perché parlare di costui, sconfinando ancora una volta nella politica? So di non trovare consenso in molti di voi, che restano affascinati da qualche tempo da certe figure di leader, di “uomini della provvidenza” incaricati di guidare il popolo in mezzo a crescenti paure, crisi prolungate e pericoli di ogni genere che mettono a repentaglio il futuro dei giovani del nostro paese. E’ l’epoca favorevole a questo genere di politici, un po’ conservatori, un po’ populisti, dalle soluzioni sbrigative ed apparentemente risolutive che traggono vantaggio da un lato dalle paure, dall’altro dalle mancate decisioni da parte di chi avrebbe il dovere di dirigere per cambiare le cose . Sembra difficile comprendere come molta gente si dichiari a parole favorevole all’operato di certi personaggi estremisti europei, ma anche di gente come Putin, ex KGB comunista ed ora filofascista ed addirittura come il turco Erdogan che è tutto ed il contrario di tutto. Ma non solo; giustificano chi si dichiara favorevole all’uso delle armi su ampia scala, per uso di difesa personale come pure di lotta armata fra eserciti contrapposti. All’armi! Sembra essere la parola d’ordine.

Nessuno, credo, si domanda cosa vorrebbe dire il disimpegno dell’America dall’Europa propugnato da Trump, il ridimensionamento del ruolo della NATO, l’occhiolino di Trump verso la Russia e la propaganda neppure tanto velata di Putin a favore dell’elezione di Trump. Ma poi, chi è veramente costui e da dove è venuto?

Ce lo dice in un’intervista sul Corriere della Sera Michael Bloomberg, per 12 anni sindaco della metropoli più famosa del mondo, New York. Non si tratta di un democratico o di un socialista, ma di uno che era stato eletto sindaco con i repubblicani e che adesso si trova costretto, al pari di altri come Di Blasio, ad augurarsi che vinca Hillary Clinton, come il male minore. Purtroppo anche molti italiani, senza capire le conseguenze, condividono le idee di Trump di riduzione del ruolo della NATO in Europa, pensando di fare da soli, in una sorta di splendido isolamento. Come se avessimo i mezzi per mantenere un esercito che non fosse sul tipo di quello di Franceschiello, con più generali che soldati, senza equipaggiamenti e senza mezzi (pare che l’esercito italiano non disponga di munizioni per più di tre giorni di guerra). Ma costoro, nostalgici dei milioni di baionette, gonfiano il petto e dicono che bisogna combattere non solo i terroristi, ma tutti i nemici storici che ci vogliono male e vogliono venire a conquistarci.

Gridano all’armi, all’armi, ma come già visto in passato (ricordate per caso l’8 settembre del 1943?) se la svignano di solito prima degli altri. Sono contenti quando sentono parlare dei bombardamenti in Siria e non gliene frega niente se chi, di quei poveretti, rimane senza casa e senza lavoro e sbarca da noi chiedendoci un’accoglienza anche solo provvisoria; dovrebbe essere cacciato indietro secondo loro, con le armi se del caso. Ma dunque chi è questo campione che si chiama Donald Trump? Secondo l’intervista è un bancarottiere, con alle spalle ben quattro fallimenti con bancarotta in campi diversi, dall’immobiliare, al brokeraggio, ai casinò di Atlantic City. Nel tempo si è lasciato dietro migliaia di cause legali, difeso dagli avvocati più famosi e spregiudicati d’America, ha corrotto e truffato gente di ogni tipo, ingannando altri imprenditori che si sono fidati di lui e migliaia di azionisti rimasti con un pugno di mosche in mano dopo che avevano acquistato titoli di società da lui controllate. Ha anche fondato, a margine del suo impero finanziario, una Università degli Studi, la Trump University, fondata nel 2005 a New York, sommersa di debiti e fallita miseramente dopo aver mostrato scadenti performance accademiche, con inchieste condotte dal Procuratore generale di New York in conseguenza anche di cause collettive intentate da studenti bidonatì da lui e dai suoi complici. Gli studenti, che si iscrivevano nella speranza di una laurea, pagavano rette da 35 mila dollari l’anno per poi ritrovarsi davanti professori improbabili e senza titoli adeguati. Viene in mente la “Libera Università di Tirana” dove si sarebbe laureato, ma senza saperlo, il “Trota”, il figlio di Umberto Bossi.

C’è da chiedersi come faccia un popolo, relativamente istruito ed informato come quello americano, a dare fiducia ad un candidato come Trump. Non è possibile che tanta gente si senta tranquillizzata dai discorsi che fa riguardo il respingimento degli immigrati (proprio la nazione che ha costruito la sua fortuna economica sull’immigrazione), la caccia agli ispanici e ai musulmani, quando proprio lui a suo tempo si è arricchito con il lavoro in nero, con i sub-appalti truccati, con le paghe da fame agli immigrati clandestini che costruivano i suoi palazzi venduti grazie alla speculazione dilagante dell’epoca.

Com’è possibile dare ascolto alle parole di un simile imbonitore da piazza? Eppure ricordiamoci che siamo anche noi a rischio, avendone già fatto esperienza e che se piove in America, poco dopo è possibile che grandini da noi.

Luigi Timo – Castelceriolo