Quando Gerusalemme sospira: la lirica di Tasso [Quarta di copertina]

Torquato_Tassodi Pietro Mercogliano

 

 

Torquato Tasso fu per tutta la vita un autore di poemi: ne scrisse – tra abbozzi, poemi, poemetti, revisioni – ben sette, fra i quali quella “Gerusalemme liberata” che è senza dubbio la piú celebre delle sue opere.

Uno di questi sette (il “Rinaldo”) è un classico poema epico di materia cavalleresca, tre (l’abbozzo “Gierusalemme”, il grande poema già ricordato, la revisione “Gerusalemme conquistata”) sono una conciliazione in chiave storica e poetica dell’ambito epico e di quello religioso nel tema della Prima Crociata, tre (“Le sette giornate del mondo creato”, “Le lacrime di Maria Vergine”, “Le Lacrime di Gesú Cristo”) sono di argomento interamente religioso.

Come subito è chiaro dalla lettura dei testi, e come programmaticamente è comunque dichiarato dall’Autore, i poemi tassiani hanno sempre una duplice ispirazione: al modello antico e al modello moderno. Nel caso dell’epica cavalleresca, tali modelli sono evidenti con piú trasparenza: Omero e Virgilio da un lato, Ariosto dall’altro; ma anche dove i riferimenti – per diversità di materia – siano meno dichiarati, è sempre possibile leggere questa doppia anima d’ispirazione. Tutto il Rinascimento, credo, si può provare a descrivere con questa particolarissima sensazione del Tempo: antichi e moderni a colloquio come in un’unica piazza, e le idee dei secondi fuse nella rinnovata pristina forma dei primi dal processo creativo dell’imitazione; un fenomeno del genere, che si deve senz’altro all’Italia, non pare si fosse mai verificato prima o si sia piú verificato dopo.

Per diversi aspetti strutturali e stilistici, l’esperienza della Lirica tassiana è assai simile a quella dei suoi poemi: anche qui si tratta di tre sezioni (una quarta, progettata, non si costituí poi mai): liriche amorose, encomiastiche, religiose.

Sembra come di vedervi squadernato il grande respiro della “Gerusalemme Liberata” Gerusalemme Liberatain tanti piccoli sospiri. Sono idillî, quadretti, scenette. I diversi momenti di sospensione lirica (amori, notturni, quadri naturali e pastorali, preghiere, indirizzi di grazie a signori e mecenati), che si aprono di tanto in tanto nel grande poema e ne soffondono la grandezza della materia della dolcezza di una malinconica delizia, sono qui come enucleati e fissati nel compiuto dinamismo d’una passione sospesa.

Come per l’insieme dei poemi, è la prima sezione quella che dichiara con maggiore evidenza le sue fonti antiche e moderne: fra queste ultime va ricordato certamente Petrarca; ma anche tutta la produzione petrarchista del primo Rinascimento è certamente un importante antecedente. Insomma, un Petrarca filtrato dalla lente del canone: comodo, chiarissimo, composto ed enfatico, elegante, morbido; sempre le stesse parole e gli stessi andamenti, quelli fissati dal modello e dalla maniera, sono di volta in volta rifusi e ridistribuiti dal genio musicale del Poeta.

La musica è certo la caratteristica fondamentale della Lirica di Tasso, e ciò che con maggiore profondità s’imprime nell’attenzione del lettore. Su tutto questo, Tasso cala una patina di graziosa sensualità e cortese deliquio che tanto piacerà all’epoca successiva: la luna attua sul mondo la sua metamorfosi, il dio d’amore compie con ignuda malizia il suo giuoco, il Poeta spasima per essere un’ape e vendicarsi della donna che non lo ama punendole con ardente e gelante puntura il bianco seno.

Tasso quadroLa stessa musica, ma con parole un poco diverse, risuona nella lirica encomiastica: anche lí Petrarca e i Petrarchisti, per rileggere i ritmi solenni di Pindaro e Orazio. Sono i testi piú direttamente autobiografici, e il racconto di sé intesse di poesia sincera la celebrazione dei potenti. Comunque, è la bellezza pura del metro e della forma a dominare qui: l’esatta proporzione delle parti, l’incedere solenne del dettato, la retorica perfetta e compita.

L’ultima sezione delle Rime, dedicata ai temi religiosi, mostra chiaramente un tono meno coloristico: tutto appare piú denso, piú sfibrato, piú complesso. Mi viene sempre da pensare a Tiziano Vecellio: dall’esplosione di colore e dalla nettezza di forma dei primi quadri, pieni di vitale sensualità, alla novità metafisica e metamaterica degli ultimi, sfibrati e cupi. Cosí Tasso, nella compostezza plumbea delle ultime Rime, apre lo sguardo a un corrusco mondo cupo e risplendente.
Se le prime Rime aprono la strada al gusto dell’epoca appena successiva, le ultime scavalcano ed attendono ancora un loro tempo che forse non verrà.