Venerdì 8 luglio presso la Casa di Quartiere di via Verona, alcune associazioni di Alessandria si sono incontrate per ascoltare e discutere di un tema scomodo ma, purtroppo, molto attuale: la violenza sulle donne in tempo di guerra, argomento poco conosciuto, se non addirittura nascosto nella rilettura storica dei conflitti bellici di ogni epoca.
L’incontro promosso da Alboran, associazione che dal 2005 opera sul territorio alessandrino per promuovere la ricerca analitica, individuale e di gruppo, in collaborazione con Comune e Provincia, Me.dea, dal 2008 centro alessandrino per il contrasto alla violenza sulle donne e Piam, associazione astigiana che dal 2000 si occupa di donne e immigrazione, con particolare attenzione alle persone coinvolte nella prostituzione.
Dopo il saluto dell’assessore alla Coesione Sociale Mauro Cattaneo e di Rossella Procopio, presidente della Commissione politiche sociali, Elena Malaspina, presidente di Alboran, ha presentato Simona Meriano, antropologa, impegnata da oltre vent’anni in progetti di empowerment femminile e di contrasto alla violenza, in passato responsabile dell’accoglienza e dei programmi di protezione sociale per le vittime della tratta, autrice del libro “Stupro etnico e rimozione di genere. Le vittime invisibili”.
L’ autrice, con un linguaggio coinvolgente ed affettivo, ha condotto il pubblico attraverso domande e riflessioni emerse da un’analisi non solo antropologica, ma anche sociologica e psicologica circa le origini dello stupro etnico.
Quali sono le spinte alla base di un comportamento volto a disintegrare la figura femminile, spogliata di ogni dignità di persona, trasformata in oggetto di rivalsa sul nemico e divenuta, simbolicamente, rappresentazione della madre terra da conquistare? Cosa accadeva nella nostra società cosiddetta civile alla fine del ventesimo secolo, da renderci ciechi alle violenze perpetuate durante la guerra della Bosnia Erzegovina contro le donne?
L’autrice pone l’attenzione sulla prevalenza assoluta dell’affermazione etnica che sovrasta qualsiasi senso di rispetto verso il femminile, un’estrema manifestazione di una cultura maschilista e fallocentrica che si pone come obiettivo la realizzazione del mito della pulizia etnica e della purezza. Ci dice che “nell’etnicità va ricercata l’origine della violenza di genere”.
Lo stupro è un’ arma di sopraffazione, un comportamento carico di ambivalenza “in cui si fondono pulsioni aggressive e sentimenti di attrazione, in cui si esprime la lotta tra identità e alterità”. È la manifestazione rituale di due entità rigide, indiscutibili, non negoziabili come l’identità etnica e l’identità di genere.
Attorno al tema si è quindi sviluppato un dibattito attivo, in un’atmosfera di costruttivo confronto fra più realtà che incontrano il disagio femminile ed operano attivamente nella tutela delle donne che subiscono violenze sia nell’ambito familiare, sia nell’ambito dell’ immigrazione e dei territori di guerra.
L’incontro ha rappresentato un’opportunità per tutti i presenti, associazioni e singoli, per riflettere sul peso della rimozione di tale fenomeno, che conduce alla negazione della violenza e, con essa, alla cancellazione delle vittime, fino a renderle progressivamente invisibili, anche oggi,con la collusione della comunità internazionale.
Si è riconosciuto nella costruzione di una rete di solidarietà sociale e di scambi attivi fra associazioni che operano nelle professioni di cura una delle possibili strade attraverso cui contrastare tale fenomeno, per renderlo evidente e dicibile, affinchè la conoscenza e la condivisione possano diventare un’arma contro la rimozione e l’invisibilità in cui sono relegate le vittime.
Al termine dell’incontro la merenda sinoira, offerta da Alboran, Centrale del latte e preparata dal gruppo riabilitativo del Dipartimento salute mentale dell’Asl di Alessandria ha permesso il proseguimento degli scambi in un clima informale.