di Enrico Sozzetti
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Come non accadeva da anni, dal motoraduno dei centauri è scomparsa la parola ‘record’. Iscritti in calo, trend iniziato peraltro già da alcuni anni a causa della crisi, ma forse anche per la formula (in ogni caso il numero delle presenze colloca il raduno ai primissimi posti della classifica internazionale). Mentre per la sfilata è la solita girandola di svariate migliaia di presenze, sempre più stimate che contate.
Però quello che è successo fra Alessandria e Castellazzo Bormida questa volta ha un significato del tutto nuovo. Un pubblico amministratore, non in odore di scadenza elettorale, ha scritto una lettera aperta ai Moto Club di Alessandria e Castellazzo Bormida. Lui è Domenico Ravetti, oggi consigliere regionale, ma già sindaco del paese dove il motoraduno è nato e cresciuto. “Sappiamo che non tutto funziona al meglio e non per colpa di qualcuno, ma per l’altrettanta semplice ragione che nel tempo gli accadimenti ripetuti negli anni, in tanti anni, sbiadiscono, restituiscono medesime emozioni, questo è vero, che vanno però attualizzate, vanno rese ‘contemporanee’. Proprio perché vogliamo tutti bene al Raduno dobbiamo maturare la profonda consapevolezza che la formula organizzativa, nel suo complesso e non mi riferisco a nulla in particolare, va aggiornata” scrive Ravetti.
E il problema non è certo il calo degli iscritti, perché questa è una dinamica a sé stante e riguarda chi in moto va sul serio ed è pure iscritto alla Federazione nazionale. I segnali su cui concentra l’attenzione Ravetti sono altri. Problemi già emersi, ma su cui nessun pubblico amministratore o rappresentante di categoria è intervenuto andando oltre le solite e stereotipate frasi fatte. I segnali “riguardano la grande platea sociale ed economica del territorio alessandrino che, nel tempo, pare essere sempre meno coinvolta; i settori economici, in particolare quelli legati alla promozione del territorio, (commercio, cultura e turismo su tutti) per ragioni autentiche, non per snobismo, vivono ai margini dell’evento e quelle ragioni autentiche meriterebbero analisi intelligenti e cambi di rotta repentini”. Altrettanto vera la riflessione finale: “Abbiamo tra le mani la manifestazione più europea tra quelle proposte nelle nostre zone e non possiamo permetterci d’essere provinciali nelle nostre analisi”.
Un provincialismo che, negli anni, è stato alimentato dai campanili fra Castellazzo e Alessandria, da quelli fra i motoclub, da quelli fra i commercianti, dalla incapacità di organizzare una piccola pattuglia di interpreti senza lasciare (come abbiamo visto per anni) le delegazioni straniere in balia di fiumi di parole solo in italiano, dalla miopia che ha sempre liquidato il raduno come una convention di casinisti e basta. Chi va in moto seriamente, è un valore aggiunto. E gli stranieri per primi lo sono, dal punto di vista del mercato turistico innanzitutto. Il fatto che nel tempo non sia mai stato gestito il corteo e mai fatta una repressione seria e forte, da parte delle forze dell’ordine, di chi invece ha sempre usato questo raduno per girare impunito senza casco e violando tutte le possibili e immaginali regole del codice della strada, ha di fatto trasformato l’evento in quello che è diventato.
Certo, Alessandria non ha comunque mai brillato. Per quante edizioni abbiamo visto la città chiusa, blindata, quasi senza bar aperti? Poi qualcosa è cambiato, ma solo qualcosa e quasi unicamente grazie alle iniziative prese dai motoclub. L’edizione 2016 ha insegnato qualcosa? Dalle parole di Ravetti potrebbe sembrare di sì. La speranza è che si astengano dagli interventi coloro che vogliono parlare solo con finalità elettorali.