Il Superstite va in vacanza (le fiammelle di Marengo) [Il Superstite 291]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 
Cari amici, chiedo ferie anticipate a causa della mole di impegni che ho da sbrigare da qui a settembre/ottobre. Nonostante sia scrittore vecchio e bollito (per me sono apprezzamenti anche se qualche povero di spirito pensa di insultarmi via web con identici argomenti), il mondo là di fuori richiede – come si diceva molto tempo fa – la mia penna e, da buon “doverista”, non mi sottraggo. Ho da terminare un editing complesso per un romanzo, un paio di interventi corposi (uno per un libro su Vincent Price, sappiatelo) per pubblicazioni di cinema e metter giù su carta le mie non poche incombenze per il Festival della Paura di Porto Potenza Picena. Il tutto senza rinunciare – magari – a un giorno di normale lavoro.

Ammesso che per qualcuno sia di vitale importanza, farò il possibile che il periodo di silenzio sia al minimo sindacale. Vi lascio con uno “storico” mistero di provincia che dedico a Giulio Massobrio, grande amico ed eccelso scrittore che per anni si è occupato del Marengo Museum e delle vicende storiche inerenti la celebre battaglia napoleonica. Proprio da questo evento, datato 14 giugno del 1800, scontro terrificante che vide impegnate da un lato le armate napoleoniche forti di circa 30.000 unità e quelle austriache al comando del generale Von Melas, parto per narrare, più con l’immaginazione che altro, quel che “accadde” pochi anni dopo.

Intanto, anche se è sgradevole il rimarcarlo, sul terreno della battaglia – in pratica laMarengo-museum.-I3 Fraschetta – rimasero a imputridire migliaia e migliaia di cadaveri, diecimila morti da parte delle forze austriache e seimila francesi. Un orripilante puzzo stagnò sulla zona per settimane. Si sente ancora oggi, ma non è il puzzo fantasma, bensì la normale aria di Spinetta.

Un po’ di anni dopo, in quella zona, un contadino percorreva dopo il crepuscolo una strada di campagna che conduceva da Marengo a Castelceriolo. L’uomo per il buio incombente si sentiva inquieto, ma l’inquietudine si trasformò in assoluto terrore quando, dopo avere udito uno strano sfrigolio provenire da pochi metri sulla propria destra, il viandante scorse una misteriosa fiammella sorgere di colpo dalle zolle e dirigersi con un movimento tremolante nella sua direzione.
Il tipo lanciò un urlo disperato e fuggì a gambe levate in direzione di Castelceriolo. Qui raccontò ai compaesani che uno spirito maligno era uscito dalla terra e aveva tentato di aggredirlo.
Nelle successive serate altri viandanti furono protagonisti di simili avvistamenti e ben presto nessuno, dopo il calare della sera, si ritenne disposto ad avventurarsi nel mondo esterno, sulle stradine che costeggiavano i campi.

Marengo MassobrioUn giovane che pensava di essere il più coraggioso della Fraschetta decise di porre fine a quella specie di sortilegio e una decina di giorni dopo il primo avvistamento, si avviò, una volta fattosi buio, lungo la strada delle fiammelle vaganti, deciso a catturarne una. Vicino a un platano vide un lume dai colori giallastri e azzurrognoli scaturire dalla terra e accostarglisi con movimenti ondulatori, come se la luce fosse viva e volesse in qualche modo comunicargli qualcosa. Il ragazzo recitò un repertorio inconsueto di scongiuri, giaculatorie ed esorcismi diversi. Poi, armato di un sacco di solito usato per le verdure e in quel frangente vuoto, tentò di lanciarsi sopra la fiammella, ma questa gli sgusciò agilmente dalle dita. Il che si ripeté più volte, sino a quando il giovane, stremato e impaurito, non decise di far ritorno a casa. Anche lui prese a correre, ormai deprivato dell’iniziale baldanza, verso Castelceriolo e, tutte le volte che si girava indietro, scorgeva la terrificante fiammella che lo tallonava a qualche metro.

Per evitare che molta gente della zona decidesse di abbandonare le proprie case, giunse un esperto da Alessandria che in poco tempo fornì una seria e scientifica spiegazione del fenomeno. Le fiammelle altro non erano che fuochi fatui, luci dai colori cangianti che possono vedersi ancora oggi, beninteso di notte, in qualche cimitero di campagna e che sono provocate dall’accensione spontanea dei prodotti gassosi di decomposizione dei corpi sepolti. Là sotto, nelle viscere della Fraschetta, erano state frettolosamente seppellite le migliaia e migliaia di salme dei caduti della battaglia di Marengo. Qualcuno diceva all’insaputa dei contadini della zona.

Altri invece sostenevano che la sepoltura di quei cadaveri era dovuta proprio a certi villici che, nelle ore successive la fine dell’epocale scontro, si erano nottetempo avventurati nei campi dove giacevano le vittime per spogliarle di vestiti, oggetti o qualsiasi altra cosa di valore portassero ancora addosso. E si disse che quei cadaveri che, alla fine del saccheggio, apparivano completamente nudi, venissero sempre nottetempo sepolti per evitare che qualcuno pensasse che gli abitanti della Fraschetta fossero dei profanatori di corpi umani, soprattutto se appartenenti a valorosi soldati caduti in battaglia.

Parziale verità o leggenda, la storia delle fiammelle di Marengo fa riferimento a un mito oltretombale diffuso in molte zone dell’Italia contadina, conosciuto in genere come “candele dei cadaveri” e in Piemonte come “fuoco fasciato”. Resta comunque da segnalare il carattere moralistico della storia, quasi come se le fiammelle dell’oltretomba fossero tornate sulla terra per nutrirsi della paura di coloro che anni prima si macchiarono di un atto infamante e quasi osceno, quello dello sciacallaggio sui cadaveri. “Ma solo i cadaveri dei francesi” ci rassicurano illustri studiosi “tutt’altro che amati, perché da queste parti i sanculotti di Napoleone sventolavano bandiere rivoluzionarie con sopra scritto Liberté Egalitè Fraternité, ma in realtà depredavano, maltrattavano e violentavano. E l’espoliazione dei loro corpi fu la vendetta della gente di Alessandria dopo anni di soprusi e di violenze”.