di Enrico Sozzetti
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La Cgil Piemonte parla, per bocca del segretario generale, l’alessandrino Pier Massimo Pozzi, di oltre duecentomila firme per modificare il Jobs Act. “È un risultato straordinario, al di sopra delle aspettative” è il commento dopo la chiusura della campagna di raccolta firme sui quesiti referendari (voucher, appalti e licenziamenti). Tante? Poche? La raccolta di firme ha misurato la reale capacità di mobilitazione e partecipazione del maggiore sindacato confederale? I numeri, se non contestualizzi, sono sempre relativi. E allora è stato un successo oppure no?
Il Piemonte ha oltre quattro milioni e quattrocentomila abitanti. E le oltre duecentomila firme possono essere effettivamente pari al cinque per cento della popolazione, come dice la Cgil. Anche per la provincia di Alessandria il sindacato parla di un risultato superiore alle aspettative con oltre ventimila firme per un sei per cento di popolazione coinvolta.
Se si verifica quanto affermato a livello regionale si scopre però che le firme sono la somma di quelle per ogni referendum (e fino a questo punto il dato è veritiero), ma quasi sempre è un singolo individuo ad avere sottoscritto ognuna delle tre richieste. Quindi? In provincia di Alessandria avrebbero aderito circa ottomila persone pari all’1,8 per cento della popolazione. Sempre in provincia gli iscritti alla Cgil sono circa 52.000 e quegli ottomila rappresentano il quindici per cento di coloro che hanno la tessera in tasca.
Calcoli un po’ grossolani, vero. Ma servono per misurare un successo. Di che genere, si vedrà.