Se è vero che quasi mai si riesce ad essere profeti in patria, soprattutto ad Alessandria, loro incuranti della regola da anni cercano di essere l’eccezione, e ci stanno riuscendo: il festival Alessandria Barocca e non solo… (tra pochi giorni parte la settima edizione, con 10 tappe ‘itineranti’ in tutta la provincia) è ormai non solo un appuntamento fisso per gli appassionati di musica antica, ma rappresenta l’esempio di come si possa promuovere cultura ‘alta’, attraendo un pubblico sempre più vasto, che si avvicina prima incuriosito, poi affascinato e desideroso di saperne di più. E su un punto Marcello Bianchi e Daniela Demicheli concordano, esprimendosi quasi all’unisono: “se ad un concerto il pubblico si annoia, la colpa non è mai del pubblico stesso, ma sempre degli artisti, che non hanno saputo trasmettere in maniera efficace emozioni, attraverso la musica. Uno spettatore che si alza e se ne va prima della fine è un colpo al cuore per chi sta suonando, ma anche il segnale che hai sbagliato qualcosa”. Il tempo, conversando con due musicisti colti e appassionati come loro, vola davvero via leggero. E durante la conversazione c’è davvero modo di parlare di tutto: gli inizi, le scelte artistiche, il rapporto con Alessandria (“a tratti difficoltoso, ma anche di grande amore”), e quel rapporto di assoluta affinità umana, prima ancora che musicale, che fa del duo Bianchi (violino, viola) e Demicheli (pianoforte, clavicembalo) quasi un unico artista, nel pieno della maturità: con tanti risultati già raggiunti, ma soprattutto molti progetti in cantiere.
“Racconto un aneddoto che credo significativo”, dice sorridendo Daniela Demicheli: “ero una bambina, e già seguivo, avendo iniziato a suonare il pianoforte a 6 anni, i corsi propedeutici al conservatorio Vivaldi. La musica per me fu passione autentica, da subito: mia sorella più grande suonava l’organo, e tormentavo i miei, perché volevo cominciare anch’io, sentivo che la musica era la mia strada. Ebbene, un giorno mentre aspettavo mio papà, nell’atrio del Vivaldi, ascoltai una musica suadente arrivare da una delle sale del pianterreno, dove c’erano delle prove in corso: entrai, e rimassi ammirata dalla visione celestiale di un angelo dai lunghi capelli rossi, che suonava in maniera divina. Mi informai su chi fosse, e un bidello mi disse ‘è Marcello, il più bravo di tutti’”. L’angelo dai capelli rossi (“un tempo, naturalmente”, sorride lui) era Marcello Bianchi, che quella bambina rincontrò poi parecchi anni dopo, condividendo un primo concerto alla Casetta, e poi un percorso più che ventennale di progetti, musica e passione.
“Io però sono stato meno precoce di Daniela – precisa Bianchi -: da bambino volevo fare il calciatore, e giocai anche per un po’, da alessandrino pendolare, nei pulcini del Torino”. Erano gli anni Sessanta, e il Toro era quello del grandissimo e sfortunato Gigi Meroni: anche lui talento purissimo, peraltro. “Ma appena ho impugnato un violino, e il mio maestro Mario Ferraris ha cominciato ad insegnarmi i primi rudimenti, compreso come lo strumento si poteva smontare e comporre, ho capito che la mia strada sarebbe stata la musica, non il calcio”. Marcello Bianchi è stato davvero un enfant prodige: 10 anni di studi al Conservatorio completati in realtà in 8, primo concerto a 13 anni, dai 14 anni componente dell’orchestra d’archi del Vivaldi che girava il mondo: “scoprivo posti meravigliosi, e intanto studiavo, studiavo tantissimo: anche 14-15 ore al giorno. Persino oggi, del resto, se dovessi scegliere tra studiare o fare concerti, sceglierei la prima opzione. All’epoca, peraltro, i miei maestri mi dissero: ‘se ci credi, devi studiare musica a tempo pieno’, e così rinunciai ad un percorso liceale in parallelo, anche se sostengo da sempre che un musicista, per suonare Bach o qualsiasi altro artista, deve conoscere a fondo tutto il contesto storico e culturale, o non capisce davvero cosa sta facendo. Per fortuna comunque Daniela ha frequentato il liceo classico, così può fare da manager al nostro duo”.
La profonda affinità tra Bianchi e Demicheli si percepisce ad ogni sguardo, ma soprattutto nei ‘tempi’, davvero musicali e armonici, con cui si inseriscono e alternano nel racconto, senza mai sovrapporsi. Potrebbero senza dubbio anche scrivere un libro, a quattro mani, e chissà che prima o poi non lo facciano. Inevitabile, intanto, chiedere loro come abbiano gestito nel tempo questo loro rapporto professionale e culturale, e se questo non abbia provocato gelosie nei rispettivi partner. Sorridono divertiti: “gelosie no, per fortuna, qualche maldicenza sì – commenta Daniela Demicheli -, ma pazienza: il nostro è davvero un rapporto profondo, siamo come fratello e sorella. Marcello è un grande amico di mio marito, i nostri figli a loro volta sono come fratelli. Facciamo persino le vacanze insieme: insomma, non stacchiamo davvero mai”.
Dal punto di vista musicale, il sodalizio del resto dà risultati di eccellenza da oltre vent’anni: “Siamo un duo dal 1994”, ricorda Demicheli, che dopo il diploma al Conservatorio di Alessandria ha studiato e lavorato diversi anni a Vienna, fianco a fianco con ‘mostri sacri’ della musica internazionale: “uno dei momenti più emozionanti? L’incontro con Herbert Von Karajan”.
Nel frattempo Marcello Bianchi, dopo molteplici esperienze all’estero, aveva intrapreso la carriera cameristica, svolgendo al contempo l’attività di docente al Vivaldi.
“Incontrandoci ci siamo completati a vicenda – racconta Bianchi -, e ci siamo resi conto che la musica suonata in 2, ma anche in 3, in 4 o in 5 a seconda delle occasioni e necessità, quando nasce una vera sintonia nel ‘sentire’ quel che stai facendo, genera un valore aggiunto importante, in termini di qualità artistica, e di emozioni rese al pubblico”. Tra i ‘compagni di viaggio’ più importanti, per Bianchi e Demicheli, c’è sicuramente Arturo Sacchetti “famoso organista, consulente del Vaticano: è grazie a lui che abbiamo scoperto e approfondito l’esecuzione dell’opera di Lorenzo Perosi, dando appunto vita all’Ensemble Perosi, che è attivo ormai dal 1997: ma gli studi sono cominciati nel 1995!”.
Emanazione dell’Ensemble Perosi, è L’Archicembalo, ensemble barocco su strumenti originali fondato nel 2000. Diversi i musicisti coinvolti nel progetto: “complessivamente siamo 8, con una netta prevalenza di alessandrini: quel che è importante sottolineare però è che siamo tutti solisti di valore, che in questo progetto riescono ad integrarsi, armonizzandosi senza bisogno di un vero direttore d’orchestra”.
La curiosità nasce immediata, dialogando con due simili talenti della musica ‘colta’: come funziona la promozione, e la ‘vendita’ del prodotto artistico? Ci si affida a manager specializzati, come nella musica pop? “Sì e no – riflette Daniela Demicheli – nel senso che i manager ci sono, e alcuni sono anche bravi e professionali, ma spesso si dedicano, per ovvi motivi, ad artisti di grande fama, e ‘cassetta’. Per cui diventa importante l’autopromozione, la rete di relazioni che devi costruire, e coltivare negli anni: perché la concorrenza è spietata, sia chiaro: ci sono in giro musicisti ‘cani’, ma anche talenti splendidi, e ne nascono costantemente, per fortuna”. Cosa ne pensano, Bianchi e Demicheli, del controverso ‘fenomeno’ Giovanni Allevi, da alcuni anni sulla breccia? “Fenomeno è la parola giusta – sorridono -, Uto Ughi ha detto al riguardo qualche anno fa cose molto condivisibili, e la musica classica sarebbe meglio rimanesse una cosa seria. Un talento vero, eclettico e brillante, è invece sicuramente Stefano Bollani. Lui è un ottimo pianista, oltre che grande intrattenitore, chapeau”.
Ma torniamo al percorso artistico del duo alessandrino, e al festival Alessandria Barocca e non solo…, organizzato dall’associazione Pantheon e diretto dalla stessa Daniela Demicheli: “è stata una scommessa – spiega lei – che abbiamo deciso di fare anni fa, e oggi per fortuna i risultati ci stanno dando ragione, pur con le tante difficoltà organizzative, soprattutto sul fronte del reperimento delle risorse. Però davvero eravamo e siamo convinti che ad Alessandria, dopo un bel periodo di forte attenzione per la musica da camera e classica in generale, durato fino agli anni Ottanta, qualcosa si è rotto. Non che altrove ci siano solo rose, è chiaro: ma da noi da troppo tempo l’offerta musicale è spesso lontana da livelli di alta professionalità, generando nel pubblico un comprensibile disorientamento, e nel tempo anche allontanamento”.
Alessandria Barocca e non solo, dunque (che pure dedica ai giovani musicisti uno spazio adeguato) punta su concerti di professionisti di alto profilo (“che spesso, per amicizia, riusciamo a coinvolgere anche solo in cambio di un rimborso spese”), e offre ad un pubblico non solo di intenditori, ma anche di semplici appassionati, o di neofiti curiosi, serate musicali di qualità assoluta, tra l’altro in location molto particolari, e mai casuali. “Quest’anno partiamo con due concerti ravvicinati, il 24 e 25 giugno, a Tortona e a Tagliolo Monferrato. Dietro ci sono due scelte e storie particolari: a Tortona, città natale di Lorenzo Perosi , dove già abbiamo avuto l’opportunità di esibirci, all’interno dello splendido Palazzo Vescovile, suonando con emozione il pianoforte restaurato del maestro, il 24 ci esibiremo nel Chiostro del Seminario, nell’ambito dei festeggiamenti per i 120 anni del settimanale Il Popolo Derthonino. Il giorno dopo, a Tagliolo Monferrato, sarà l’occasione per rincontrarci con don Roberto Caviglione, che conoscemmo come studente del Conservatorio Vivaldi prima che decidesse di prendere i voti e avviarsi al sacerdozio. Una storia anche di amicizia, insomma: ci siamo ritrovati su facebook, tanto per stare al passo coi tempi”.
In entrambe le serate saranno eseguite (“tra l’altro in 7 sul palco, secondo l’organico originale”) le Quattro Stagioni di Vivaldi: l’ingresso è libero, fino ad esaurimento posti, e si prospetta il tutto esaurito.
Alessandria Barocca e non solo… proseguirà poi con l’appuntamento del 9 luglio a Valenza (Oratorio di San Bartolomeo, nell’ambito del Festival In Valenza), e con altre 7 date sul territorio provinciale. Un’esperienza assolutamente da non perdere.
Ettore Grassano