“Ormai si paga anche per andare in pensione”, oppure “se una trovata del genere l’avesse avuta il Berlusca, il popolo viola lo avrebbe asfaltato: ora dove è finito? Forse a nascondersi per la vergogna!”.
Cito solo a casa, e a memoria, due dei tanti commenti che, nei giorni scorsi, hanno inondato il mio profilo facebook, dopo la proposta del governo Renzi di mandare gli italiani in pensione accendendo un mutuo ventennale, a loro carico.
Il dichiarato obiettivo finale dell’operazione peraltro (facilitare l’accesso dei più giovani al mondo del lavoro, ‘liberando’ posti) è una scommessa dall’esito assai incerto, e non serve qui ricordare che il ‘nuovo lavoro’ in Italia è ormai inteso, sia che si tratti di dipendenti che di liberi professionisti, a condizioni assolutamente ‘capestro’: nulla di paragonabile alle (decenti peraltro: non fantasmagoriche) condizioni di cui beneficiano i sessantenni oggi in uscita.
Ma tant’è: per i Renzi boys quarantenni, e per i 20-30 enni cresciuti assolutamente privi di qualsiasi consapevolezza, e di cosa significhi avere diritti, tutto fa brodo. Quindi ben venga un lavoro qualsiasi, a condizioni dettate esclusivamente da chi eroga l’incerta pecunia.
Ma la vicenda pensioni è interessante. Guardate, ci si può girare intorno fin che si vuole, ma la realtà è che l’Inps è al pre fallimento, e le casse professionali sono messe ancora peggio, quasi tutte alla canna del gas. I sessantenni di oggi sono l’ultima generazione che sta (faticosamente) cercando di portare a casa quanto promessole per una vita, mentre chi ha dai 50 anni in giù sa benissimo (anzi: spesso non lo sa perchè se ne frega, come fossero affari di altri e non suoi) che, se anche versa regolari contributi, li sta buttando via, perchè mai riceverà un corrispettivo adeguato. Mai!
Se il bluff assoluto delle buste arancioni (non conosco una sola persona che l’abbia ricevuta: ma non dovevano spedirne diversi milioni?) fosse stato portato a compimento, tanti quarantenni di oggi sbatterebbero la testa contro il muro, all’idea di dover lavorare altri 25 anni almeno, per un traguardo tanto misero.
Ma l’idea di inserire un soggetto privato, le banche, all’interno del sistema previdenziale pubblico, è una svolta epocale. Del resto, in un paese che ha un’economia sempre più fondata su pensionati e lavoratori pubblici, e sempre meno sul lavoro produttivo, c’è anche una logica. Se una banca oggi presta soldi ad un’impresa (ammesso che abbia ancora senso fare nuova impresa in Italia, e quindi chiedere soldi in prestito al sistema del credito), quante possibilità ha di vederli rientrare, con gli interessi? Sicuramente è un business più sicuro ‘prestarli’ ai pensionati, e riportarli a casa tramite l’esattore Inps, o surrogati.
Per le banche, quindi, l’operazione ha un senso. E se ha un senso per loro, si fa, eccome. Ai sessantenni l’ardua scelta: ammesso che di scelta si tratti, e non di obbligo, tra un po’. Povera Italia, che fine rapida e ingloriosa stai facendo….