C’era una volta ad Alessandria il sindacato [Centosessantacaratteri]

Sozzetti Enricodi Enrico Sozzetti
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Una volta il sindacato svolgeva un ruolo attivo. Faceva politica (sindacale e non solo, per la verità), diceva la sua, progettava, era attento ai cambiamenti e cercava di essere protagonista nella società. Non parliamo del sindacato confederale nazionale, ma di quello alessandrino. Di una ‘triplice’ che sapeva cogliere i mutamenti, che puntava al dialogo oltre che alla legittima manifestazione di piazza quando necessaria (numeri ben diversi da quelli, sparuti, visti ultimamente), che studiava ed elaborava. E che di fronte ai primi, pesanti, effetti del dissesto del Comune di Alessandria ha reagito senza guardare in faccia a nessuno e alla politica per prima.

E oggi? La visione si è persa, sono cambiati i segretari di due confederazioni su tre (quello ‘storico’ resta Aldo Gregori della Uil) senza che il ricambio coincidesse con un rinnovamento culturale e intellettuale. I problemi interni di Cisl e Cgil, fatti di riorganizzazione delle categorie, problemi economici, solite rincorse alle poltroncine di categoria pur di non rischiare di tornate nel luogo originale di lavoro, hanno complicato tutto. Così i confederali non fanno altro che fare la conta, come tristi notai, di licenziati e aziende chiuse, senza abbandonare il ripetitivo canovaccio della colpa attribuita “alle imprese, alle istituzioni che non ci sono, alla crisi, alle banche e forse anche alla corrente del Nino”.

Non c’è stata una crisi (centri benessere, industrie manifatturiere, alimentari e dei Sindacati bandiereservizi) che non sia stata purtroppo ‘annunciata’, e anche da mesi se non anni, ma i confederali di Cgil, Cisl e Uil non solo non se ne sono accorti, ma le hanno scoperte come se fosse la novità del secolo. Senza parlare della gestione delle vertenze. Quasi sempre le prime dichiarazioni sono entusiaste per i possibili sbocchi positivi, che in realtà vedono solo loro. Perché alla fine, si parla quasi sempre di chiusure, licenziati, pesanti riorganizzazioni. Gli esempi non mancano: si va dalla Bistefani di Casale alla Paglieri Sell System di Pozzolo Formigaro, dal Bellavita di Spinetta Marengo ad alcune unità produttive metalmeccaniche fino alla recente storia della Sapsa Bedding (produce materassi in lattice) di Silvano d’Orba. Il gruppo francese Cauval, proprietario dello stabilimento che occupa 112 persone, è finito nelle mani del fondo di investimento Perceva. I francesi sono francesi e Perceva prospetta un investimento di circa settanta milioni di euro e il salvataggio di 1445 dei 1660 dipendenti. Francesi ovviamente. Che per gli italiani il futuro fosse a tinte fosche era chiaro, anche per una questione legata alla diversa legislazione in materia che vige in Francia. Ma i nostri sindacalisti cosa dicono subito? “Era l’opzione più auspicabile”. Certo, ci sono “molte incognite”. Comunque “la presenza di un acquirente è importante, ma restano perplessità su quelle che saranno le sorti dell’azienda e dei suoi dipendenti”. Ma è più importante un consenso immediato in assemblea o giocare una parte attiva ai tavoli tecnici di contrattazione e in quelli istituzionali? Purtroppo il sindacato alessandrino in questi ultimi anni è stato sempre più chiuso su se stesso e impegnato unicamente a rispettare l’antico adagio: “L’intervento è riuscito alla perfezione, ma il paziente è morto”.