“La provincia di Alessandria, con i suoi due Biodistretti (Suol d’Aleramo e Terre del Giarolo), propone un nuovo modello colturale, e culturale, legato al biologico, e alla trasformazione dei prodotti agro-alimentari. L’obiettivo è farlo crescere, ed estenderlo a tutto il Piemonte, e al resto d’Italia”. Luigi Massa, già parlamentare in anni ormai lontani, è oggi segretario generale della Città del Bio, realtà forse ancora relativamente poco conosciuta, ma dalle notevoli potenzialità, e ambizioni. E che l’alessandrino (“per la sua ricchezza e diversificazione di prodotti legati alla terra”) sia stato scelto come laboratorio di partenza, insieme a qualche area della Puglia e della Sicilia, di un progetto che affonda le sue radici in Europa, e punta al rilancio dell’economia agro-alimentare italiana, è certamente un’opportunità che occorre saper cogliere.
Il punto di partenza, e la grande ricchezza da valorizzare, sono i due Biodistretti che nascono dal superamento del modello organizzativo delle comunità montane, e dalla sua trasformazione in Unione di Comuni (qui l’articolo sulla presentazione del biodistretto Terre del Giarolo). Ma partiamo dall’inizio, e chiediamo a Luigi Massa di raccontarci lo stato dell’arte del progetto, e soprattutto le possibili ricadute ‘di casa nostra’.
Onorevole Massa, cos’è la Città del Bio, di cui lei è segretario generale?
La Città del Bio è l’associazione che unisce enti e realtà pubbliche e private che vogliono investire nell’agricoltura bio. Attenzione: parliamo di biologico in termini ampi, come modello colturale, ma anche come progetto culturale. L’agricoltura è oggi una risorsa su cui tornare ad investire con determinazione, valorizzando la qualità, incentivandola, aiutandola ad avere un mercato sempre più ampio. Il tutto naturalmente seguendo una linea di valorizzazione dei prodotti legati al territorio.
I Biodistretti saranno il vostro braccio operativo sui diversi territori?
Il Biodistretto non è un Ente, ma una rete di comuni, imprese, associazioni che, condividendo obiettivi e strategie, si organizzano per il raggiungimento di fini comuni di sviluppo compatibile e tutela del paesaggio, dell’ambiente, delle tradizioni, della cultura locale.Il Biodistretto è pensato come un gioco di squadra, in cui i diversi attori che operano su un territorio si aggregano per fare squadra, e crescere in qualità, in qualità e ovviamente anche in risultati economici per le imprese che vi operano. Pensiamo alla razionalizzazione di costi, processi e politiche di produzione, di comunicazione e commercializzazione dei prodotti del distretto, di marketing territoriale e di promozione del territorio, all’aggregazione delle competenze professionali.
Parte di queste attività non sono già oggi svolte dalle singole associazioni di categoria, a partire da quelle agricole?
No. I Biodistretti non faranno per così dire ‘concorrenza’ ad associazioni o realtà già esistenti. Non erogheremo servizi alle singole imprese, per capirci, ma cercheremo di portare ‘a sintesi’ le esigenze di tanti diversi soggetti, e di creare le condizioni perché si possano cogliere tutte le opportunità di risorse e di finanziamento (anche a livello europeo), ovviamente legate a progetti concreti. Lavorando al contempo anche sulla creazione di nuovi modelli di certificazione, che valorizzino produzioni e territori. Abbiamo avviato una collaborazione con l’Università di Pollenzo, sottoscrivendo pienamente il motto di Carlin Petrini: “buono, sano, pulito”. In più noi aggiungiamo “italiano”, e anzi legato appunto a bio distretti che saranno garanzia di qualità.
Perché partire dall’alessandrino?
In realtà stiamo avviando esperienze analoghe anche al sud, a Trapani e a Marsala ad esempio, e in Puglia. Ma l’alessandrino ha dal punto di vista dell’offerta agro-alimentare caratteristiche di eccellenza, tutte da valorizzare. Faccio un esempio concreto: ma lo sa che a Ponzone, nell’acquese, patria del rinomato filetto baciato conosciuto ovunque, non esisteva fino ad oggi un allevamento di maiali in loco? Grazie al supporto del Biodistretto Suol D’Aleramo sta ora nascendo un allevamento rigorosamente biologico, che sarà sinonimo di qualità certificata, e che auspichiamo possa fare da ‘lievito’ a tutta la filiera. Un percorso analogo di sostegno ci immaginiamo ovviamente anche per altri prodotti e tipicità territoriali, sia nell’acquese che sul fronte tortonese-novese delle Terre del Giarolo.
Nessuna conflittualità con i Gal già operativi sul territorio?
Assolutamente no, anzi stretta sinergia: i Gal sono uno degli attori che faranno parte del progetto. I loro compiti, attraverso i progetti Leader, sono assai più vasti e tecnici dei nostri, e porteranno ai tavoli di lavoro le loro competenze. Faremo squadra insomma.
Prossime tappe del percorso?
Imminenti. E’ stata già costituita la cooperativa Terre di Incontro, che avrà due sedi, a Monleale e a Ponzone, e che si muoverà a tutto campo sui due biodistretti alessandrini. Il 2 luglio, all’Hotel Terme di Acqui, ci sarà la presentazione ufficiale. Quello sarà il veicolo operativo con cui promuovere e sviluppare progetti. Non ci sarà nessuna sovrastruttura di gestione dei biodistretti, ma una governance territoriale di cui faranno parte amministrazioni pubbliche, rappresentanti dell’economia e dell’impresa, dell’associazionismo e della cultura. Per fare in modo che ci siano territori che trascinano prodotti, e prodotti che trascinano territori.
Ettore Grassano