Ventisette anni fa, in primavera inoltrata. Sui muri delle città italiane, in Alessandria dalle parti della stazione, comparvero degli orrendi manifesti. Ragazzini, femmine e maschi, con gli occhi bianchi e l’espressione assente, con sotto la scritta “Chi ti droga ti spegne”.
Quelle immagini, una campagna socialmente utile di Pubblicità Progresso, avrebbero invaso giornali, giornaletti, metropolitane, cinema e televisione. In ogni luogo d’Italia. Sarebbe passata alla storia come la pubblicità in grado di terrorizzare un’intera generazione di bambini italiani.
Qualcuno avrebbe scritto molti anni dopo: “Una campagna semplice e devastante nello stesso tempo. Una di quelle che è rimasta di più bell’immaginario collettivo. Nello spot televisivo più famoso c’era una ragazza, ma in altri spot c’era anche un ragazzo, inquadrati in primo piano con uno sfondo sfumato, inquietante già di suo. A un certo punto la testa gira su sé stessa e quando ha compiuto un giro completo gli occhi del soggetto sono diventati completamente bianchi.” Nel 2011, ventidue anni dopo, in un forum denominato “Trauma infantile”, giovani ormai sulla trentina ne avrebbero discusso ancora.
In questo modo:
Oggetto: la ragazza senza pupille nella pubblicità “Chi ti droga ti spegne”, giovedì 26 maggio 2011, ore 11.42
Teresa: Oddio, mi faceva una impressione!
Nicoletta: Ogni volta che c’era questa pubblicità chiudevo gli occhi avevo troppa paura!
Manuela: Mammma, pauuuuraaaa! Anche se il mio vero incubo era la bimba di Pick Indolor che si faceva fare le punture senza piangere…
Simona: Mi ricordo che questa pubblicità usciva sempre sul retro del Topolino!
Loredana: Dovrebbero rifarla! Mamma mia che paura!
Teresa: Loredana, perché traumatizzare ancora bambini?
Nicoletta: Esatto, Loredana, dovrebbero rifarla! Teresa, la frase di Loredana è giustissima!
Marco: E’ vero, chi ti droga ti spegne
Anna: La odiavo!
Valentina: E chi se la scorda più! Io avevo il terrore…
Davide: TRAUMA! Ancora di più quando te lo trovavi tra le pagine del TV Sorrisi e Canzoni o del Topolino… e compariva quando meno te lo aspettavi! Poi ho adottato un trucchetto: mi sfogliavo gli angolini del giornale per trovare dei colori che richiamassero la pubblicità e nel caso… strappavo la pagina. Tuttora ho i brividi se la guardo.
Teresa: Ahahahaahh, oddio anche io giravo gli angolini delle pagine.
Elisa: Io gli facevo le pupille col pennarello!
Francesca: Però devo dire che a quei tempi fu davvero efficace e colpì nel segno. Uno spot non deve essere bello o gradevole per riuscire nell’intento ma deve essere accattivante, deve colpire e mi pare ci sia riuscito.
Silvia : CAVOLOOO! QUANTI INCUBI! SONO SICURA CHE SE LO RIVEDESSI ORA PIANGEREI! IL MIO TRAUMA N° 1!
Davide: Da noi era un imperativo non fissarla, altrimenti venivano anche a te gli occhi bianchi e diventavi cieco!
Sara: Io i Topolini dove c’era li evitavo o li sfogliavo accuratamente per non rivedere la foto!
Riccardo: Meno male che non me la ricordo, perché solo il pensiero mi fa venire un trauma.
Licya: In pokissimi se la ricordano secondo me…
Emus: Sono l’unico purtroppo, me la ricordo bene.
Angela: Grazie per aver mandato in fumo anni e anni di terapia!
Remy: A me terrorizzava!
Jasmine: Io i Topolini su cui c’era ‘sta pubblicità li imboscavo sotto il mobile della cantina..
Valentina: Io ero spaventatissima tutte le volte che vedevo un manifesto con questa tipa.
Alex: Io odiavo quegli spot da piccolo… Questo sì che fu un trauma pazzesco!
Claudia: VERO! TRAUMATICO!
Marta: Mizzica. che paura davvero…
Elisabetta: Frega a me! Fa paura ancora adesso!
Questo avrebbe provocato – forse lo provoca ancora oggi – la campagna “Chi ti droga, ti spegne.” Al della legittima domanda se il messaggio, così veicolato, abbia o meno funzionato, io credo che all’origini delle immagini tanto traumatizzanti per più generazioni ci siano decenni di buon cinema fantastico: frammenti visuali, però decontestualizzati, che sanciscono a loro modo la bontà delle geniali intuizioni di registi e sceneggiatori che con un minimale stratagemma di assoluta semplicità hanno trasmesso l’incontestabile rispondenza tra occhio e anima, tra visione e vita. Sono convinto che gli ideatori della campagna “Chi ti droga, ti spegne” siano stati a loro volta vittime dello sguardo spento dei Bambini Dannati degli anni ’60 e abbiano scelto il terrore quale mezzo per inculcare il sacrosanto concetto. L’utile proseguimento di un possibile dibattito dovrebbe partire dalla triste e inevitabile constatazione che la campagna sullo spegnimento delle coscienze, così a naso, non è servita a molto.