Nell’apprendere che, nei giorni scorsi, l’alessandrina Anna Tripodi (fino al 2015 direttore di Aspal, ma soprattutto per lungo tempo, e fino al 2006, ai vertici del Teatro Comunale di Alessandria) è stata ufficialmente nominata presidente di Piemonte dal Vivo, la Fondazione della Regione Piemonte che affianca e supporta ben 230 teatri piemontesi nella programmazione artistica, ma anche in parte sul fronte del sostegno finanziario, due pensieri si sono subito sovrapposti nella mente di chi scrive: il primo è che le persone con competenze vere da questa città sempre più spesso devo ‘emigrare’ (perché evidentemente ne abbiamo in sovrabbondanza, oppure…), il secondo è che non sempre, altrettanto evidentemente, Torino fa scelte ‘torinocentriche’. Anna Tripodi ha immediatamente accettato un confronto, “anche se mi serve ovviamente qualche settimana per entrare nel merito concreto dei singoli progetti”, e la conversazione, ovviamente, non può che essere in ampia parte dedicata alla realtà alessandrina. Senza polemiche, e anzi con la volontà di guardare avanti, e di progettare. Anche se un minimo di retrogusto di amarezza, considerate le macerie da cui si è stati costretti a ripartire, certamente rimane.
Presidente Tripodi, ci spieghi prima di tutto cos’è e cosa fa la Fondazione Piemonte dal Vivo.
La Fondazione (di cui naturalmente vi risparmio il percorso pregresso, che ha conosciuto fasi diverse, e anche commissariamenti) è oggi uno strumento fondamentale con cui la Regione Piemonte ha deciso di sostenere l’attività culturale (quindi certamente stagioni teatrali, ma anche musica, danza, eventi) su tutto il territorio piemontese. Un compito impegnativo, ma anche fondamentale, in tempi di risorse scarse come questi, in cui è essenziale razionalizzare progetti e costi, facendo massa critica, e ricorrendo ad economie di scala. Faccio un esempio concreto: Piemonte dal Vivo ha la forza per ‘contrattare’, con compagnie anche di alto profilo e qualità, determinati prezzi, e un certo numero di date. E di inserire nel ‘pacchetto’ anche teatri di provincia che, da soli, non potrebbero oggi permettersi certi artisti, e certi spettacoli.
Nessun pericolo di ‘torinocentrismo’ quindi, ma l’esatto contrario? L’idea della programmazione centralizzata però un po’ inquieta, no? Sa di normalizzazione culturale…
(sorride, ndr) Due temi interessanti, in effetti. Il primo, ossia il ‘torinocentrismo’: il fatto che si sia scelta un’alessandrina per la presidenza (il nuovo cda, costituito da tre persone, si riunirà per la prima volta nei prossimi giorni, e le cariche sono ricoperte a titolo gratuito, ndr) mi sembra un segnale importante, sia di ‘non torinocentrismo’, sia di attenzione specifica al nostro territorio. In realtà con l’assessore regionale, Antonella Parigi, esiste un rapporto di forte stima professionale reciproca da molto tempo: lei era ai vertici della Scuola Holden quando ad Alessandria inventammo Ring!, coinvolgendo la stessa Parigi e Alessandro Baricco. Sulla programmazione centralizzata, non nego che io stessa, quando mi occupavo del Teatro Comunale, ero insofferente all’idea di ‘delegare’ ad altri la programmazione, mi piaceva l’idea di autonomia di scelta culturale. Oggi però davvero lo scenario è tale per cui in tanti (non parlo solo di Alessandria, ma dello scenario complessivo) da soli farebbero fatica a sopravvivere. Peraltro mettere a disposizione competenze, risorse e relazioni non significa necessariamente imporre le proprie scelte: staremo molto attenti da questo punto di vista, e la presenza, alla direzione di Piemonte dal Vivo, di Paolo Cantù, già alla guida del teatro Parenti di Milano, è una bella garanzia di qualità, e anche di rispetto per l’indipendenza culturale di tutti.
Parliamo di Alessandria, presidente Tripodi: la storia del Teatro Comunale è anche, professionalmente, la sua. Sarebbe dispersivo però (anche se non inutile, magari in una sede più consona) rimetterci a ripercorrere il passato, tra opportunità e errori. Oggi come se ne esce, guardando avanti?
Come Piemonte dal Vivo, posso assicurare che l’intenzione (non solo mia, ma dell’assessore Parigi, con cui sul tema ci siamo già confrontate) di avere per Alessandria un’attenzione forte e specifica c’è, nella maniera più assoluta. Ovviamente lo sviluppo di un progetto, conseguente ad una visione su dove si vuole andare, dipende dal sindaco, dall’assessore, da chi oggi gestisce il comunale. Piemonte dal Vivo ha già messo a disposizione ad aprile, per il concerto di ufficiale riapertura della struttura, il Quintetto di Pianoforte e Archi del Teatro Regio di Torino, e ovviamente l’intenzione è costruire, da subito, una collaborazione molto stretta.
In questi anni, di chiusura ‘forzata’ per bonifica da polveri di amianto ma anche di crisi finanziaria per il dissesto del Comune, Alessandria ha puntato sulle compagnie locali, e sulla valorizzazione di diversi teatri cittadini. Secondo lei si potrà tornare ad una stagione con unica sede, in sala Ferrero?
Non credo, la sala Ferrero è perfetta per convegni, dibattiti, e spettacoli di un certo tipo. Ma non ha un palcoscenico, un fondale e delle quinte adatte per altre rappresentazioni. Credo che, ad Alessandria, oggi il palcoscenico più professionale utilizzabile sia quello dell’Alessandrino. Posto che anche quello non ha niente a che vedere con quello della sala Grande del Comunale: uno spazio davvero di livello europeo.
Ma non recuperabile, a quanto pare, in termini tradizionali…
Lì appunto serve un progetto. E’ evidente che recuperare uno spazio simile necessita di risorse ingenti, milioni di euro. Ed è altrettanto innegabile che, nel frattempo, lo scenario italiano, sul fronte tanto teatrale quanto cinematografico, è assolutamente cambiato, e serve un progetto assolutamente orientato al futuro. Ma, se vogliamo concederci un minimo di riflessione sul passato, non posso dimenticare (ogni tanto ancora lo ‘sfoglio’) il progetto che elaborammo nei primi anni Duemila, che prevedeva una ‘rivisitazione’ completa della struttura, creando sia una multisala cinematografica (all’epoca non ne esistevano in provincia: e pensiamo a cosa sarebbe stata una multisala in centro, con Piazza Garibaldi come adiacente grande parcheggio serale), sia nuovi spazi teatrali, e di ristoro nel foyer. Guardiamo avanti, naturalmente: ma le occasioni sprecate poi si pagano sempre.
Però c’è chi sostiene che, amianto o non amianto, la Fondazione Tra sarebbe tracollata comunque, per ragioni contabili.
Concordo, e mi permetto di segnalare che, quando smisi di occuparmi del Comunale, nel 2006, i costi di gestione, a partire del personale, erano completamente sotto controllo, mentre successivamente, in pochissimi anni, subirono un’impennata ‘catastrofica’. Chiusa parentesi. Va detto peraltro che le Fondazioni, tutte quante, sono organismi ‘a bugdet’, e la loro attività e durata dipende dalle scelte, rinnovabili di anno in anno, dei loro soci. Se i soci per le ragioni più varie sono impossibilitati a proseguire nel progetto, o cambiano strada, è chiaro che tutto va ridefinito.
A proposito di budget, Piemonte dal Vivo di quante risorse dispone?
Il consuntivo 2015, approvato da qualche settimana, ha chiuso in leggero utile, e con introiti intorno ai 4 milioni e mezzo di euro. La struttura è snellissima, e i teatri che aiutiamo e sosteniamo sono circa 230 in tutto il Piemonte. Compresi quasi tutti quelli della provincia di Alessandria: ultima adesione in ordine di tempo, recentissima, è quella del Civico di Tortona. Pochi giorni fa, con il direttore di Piemonte dal Vivo Paolo Cantù, abbiamo incontrato l’assessore Graziano, e certamente, dopo la scelta del Comune di tornare a gestire in maniera diretta la struttura, ci sono spazi per una collaborazione forte e qualitativa.
Ettore Grassano