«Tutt el mond a l’è paes, a semm d’accòrd, ma Milan, l’è on gran Milan»
O mia bela Madunina, Giovanni D’Anzi, 1934
Secondo quanto ci è dato di sapere, la vendita del Milan di Berlusconi ai cinesi (grossi magnati e imprenditori) sarebbe cosa fatta. Così come l’ingresso (al 20%, pare) di altri investitori cinesi nella proprietà dell’altra grande squadra di Milano, l’Inter di Thohir e Moratti.
Un bene? Un male? Non è facile rispondere a questa domanda. In un mercato libero, è certamente positivo che un “prodotto” italiano sia appetibile per gli investitori stranieri. Ma qual è il confine tra investimento e colonizzazione?
Ora, nel caso di Silvio Berlusconi la vendita del Milan ha un senso e fa parte di un progetto ampio e complessivo. L’uomo è anziano, e capisce di non avere in casa un degno erede che possa gestire in futuro il suo impero. Ergo, il capofamiglia venderà tutto (o quasi) per lasciare delle buone rendite a figli e nipoti. La cessione di Mediaset Premium, affossata dall’acquisto un po’ avventato dei diritti in esclusiva della Champions League, è stato un primo passo.
Per l’Inter, la questione è altrettanto comprensibile, anche se profondamente diversa. Qui servono soldi “freschi” per ripartire, in Italia e in Europa. Tenendo anche presente che dall’altra parte, in Inghilterra e altrove, i giocatori migliori se li accaparrano gli sceicchi ricchi di liquidità.
E’ vero, potremmo anche trascurare le vicende calcistiche e lasciare che le cose vadano per il loro verso, senza interessarcene troppo. Eppure, ho l’impressione che questo sia solo l’inizio di qualcosa che prima o poi ci riguarderà direttamente. Non saprei ancora dire come: se grazie a un proficuo interscambio commerciale, utile a tutti; o se attraverso una vera propria colonizzazione che, partendo dai “pezzi grossi”, conquisterà sempre di più la nostra quotidianità.
Un po’ come è stato fatto nel continente africano, sempre dai cinesi. Infrastrutture, aziende, teste pensanti e lavorazione delle materie prime: in Africa la Cina è il primo fornitore e il principale operatore commerciale presente su quel territorio.
Sia chiaro: siano benvenuti tutti, cinesi, indonesiani o di qualunque altro Paese. La nazionalità non c’entra, lo affermo e lo ripeto. Temo che il problema sia diverso: ci siamo indeboliti, economicamente e politicamente, e siamo diventati (per colpa nostra, prevalentemente) terra di conquista.
E’ l’articolo quinto: chi ha i soldi ha vinto. E noi, come dimostrano le storie emblematiche di Milan e Inter, stiamo perdendo. Una battaglia, o la guerra?