Il 30 aprile 1944 cadeva di domenica, in tutte le chiese di fede cristiana si celebrava il rito della Messa, era una limpida mattina di sole e molte persone si trovavano fuori casa, sembrava una normale giornata di festa, ma, poco dopo mezzogiorno, Alessandria subisce, completamente impreparata, il suo terribile ‘battesimo di sangue’.
L’incursione dei bombardieri americani aveva come obiettivo principale il grande smistamento ferroviario, ma una buona parte delle bombe cadde sulla città e colpì, in particolare, il quartiere Cristo e il Borgo Littorio, l’attuale Pista. Le vittime accertate furono 239, in maggioranza casalinghe (75), bambini e studenti (45), ferrovieri, operai e artigiani (59). I militari deceduti (12) facevano parte delle ‘Casermette’, collocate in fondo al Cristo in prossimità della frazione di Cabanette. Oltre a molte abitazioni furono gravemente lesionati diversi edifici pubblici e chiese: il Duomo, la chiesa di S. Alessandro, il palazzo Trotti Bentivoglio, la Biblioteca storica del Risorgimento, la casa Michel e la sede della Croce Rossa. Lo stabilimento della Mino G.B. subì importanti danni.
In una seconda incursione, lunedì notte, questa volta ad opera dei bombardieri della Raf, una bomba incendiaria distrusse il Teatro Municipale, risalente alla seconda metà del settecento. Le fiamme del rogo si videro a distanza e, incuranti del pericolo, accorsero in tanti a osservare il teatro che bruciava. Nella stessa operazione presero fuoco numerose case e lo stabilimento della Borsalino la cui produzione sarà completamente bloccata in due successive azioni: l’11 luglio, quando fu colpita la centrale termica e la parte della fabbrica che si estendeva oltre il canale, da cui arrivava l’acqua per le lavorazioni, e il 21 agosto.
Quando il 3 maggio il Comune affigge un manifesto a lutto e promuove una cerimonia funebre, tutte le salme non sono ancora state estratte dalle macerie, ma neppure si era stati in grado di dare sepoltura a quelle già recuperate e riconosciute. E le famiglie, in molte situazioni, dovettero provvedere da sole, contando sull’aiuto e la solidarietà di parenti e amici. Una nota siglata ‘Urgentissima’ del Comune al Genio Civile, in data 4 maggio ’44, chiese di “mettere a disposizione della Direzione del Cimitero n. 50 soldati sterratori per l’inumazione delle vittime delle incursioni… trattandosi di cosa urgentissima che ha riflesso sulla salute pubblica, dato che le salme sono giacenti da domenica 30 aprile.” La disorganizzazione e la carenza di mezzi con la quale le autorità cittadine fronteggiarono quegli eventi drammatici, nonostante le affermazioni propagandistiche, risultò in tutta la sua evidenza e l’apparato di protezione civile si rivelò burocratico e inconsistente. Così i bombardamenti misero in luce l’assoluta mancanza di rifugi sicuri per la popolazione e il tardivo avvio di pratiche per la costruzione di un mega-rifugio in Piazza Italia, l’attuale Piazza della Libertà, per altro mai realizzato, non fece che confermare le velleità e l’impreparazione del sistema.
Per effetto di quella tragica incursione – la maggiore per numero di vittime – chi era costretto, in quanto sinistrato, o era nelle condizioni di poterlo fare, per prevenire futuri bombardamenti, sfollò verso località ritenute più sicure.
Renzo Penna
Presidente della Commissione cultura del Comune di Alessandria