di Dario B. Caruso.
Noi italiani lo abbiamo perso da tempo.
È colpa nostra; facciamo tanto parlare della memoria, del ricordo, del passato, degli errori da non ripetere, delle cose che non vanno, delle recriminazioni, delle brutture quotidiane.
E poi non siamo in grado di reagire a ciò che evidentemente è fuori dal buon senso, fuori dalle regole, fuori dalla legge.
Colpa dei nostri nonni e dei nostri genitori che ci hanno insegnato ad essere educati, a salutare per primi le persone più grandi, a cedere il posto sull’autobus, a ringraziare sempre anche per le piccole cose, a pensare che forse gli altri possano avere ragione almeno quanto ne abbiamo noi, a rispettare le cose proprie e altrui.
Colpa di chi ha un posto di lavoro e non lo onora, disprezzando il piatto in cui mangia e sottraendo il pane a chi lo meriterebbe al suo posto, arrogandosi un potere che non gli appartiene, abusando di conoscenze per consolidare la propria posizione e arrampicando una scala sociale malata di inettitudine.
Colpa di chi amministra la cosa pubblica a tutti i livelli, non è possibile non avere rispetto delle persone a cui si chiede fiducia in cabina elettorale, non è possibile non mantenere le promesse o quantomeno non provare a farlo.
Colpa dei giovani di quindici anni che se ne avessero trenta avrebbero la forza di cento eserciti del bene e potrebbero spaccare il mondo.
Colpa mia che non riesco a far sentire a sufficienza la mia voce, che non riesco a lavorare abbastanza alacremente da riuscire a cambiare le cose, che mi fido di parole bugiarde, che non sono avvocato o medico ma solamente musicista, capace magari di riempire l’anima di chi ascolta ma incapace di smuovere interessi di altra natura.
Se fossimo in grado di reagire non dovremmo sopportare le massime istituzioni dello Stato che delegittimano lo strumento referendario prendendosi gioco di ciascuno di noi e facendo rivoltare nella tomba le ossa fatte polvere di chi è caduto per la democrazia di cui godiamo (e per cui soffriamo).
Se fossimo in grado di reagire non dovremmo sopportare il mercato di schiavi legalizzato che migrano a nord e divengono stanziali più o meno regolari a vantaggio di pochi e sulla pelle di tutti.
Se fossimo in grado di reagire non dovremmo sopportare i soprusi di chi ha ruoli per fornire servizi ai cittadini.
Oggi è il 25 aprile.
Forse ormai non significa nulla, perfino la Coop non rispetta più il giorno di chiusura e questo la dice lunga su ciò che si è perduto.
Siamo senza nerbo, senza forze, senza direzione.
Senza una Q sfilataci il sotto il naso nelle domeniche di primavera e scalzata da una C che di per sé non sarebbe male se solo sapesse stare al suo posto.
Siamo gente senza Cuorum perché ci è stato tolto.
E noi ce lo siamo fatto togliere in silenzio.
Senza Qontrapposizione.