«Chiamiamo le cose col loro nome, faremo un progresso»
Ennio Flaiano
Secondo un rapporto presentato in questi giorni da Coldiretti a Napoli, la pizza italiana, immarcescibile vanto del Belpaese, di “nostrano” avrebbe soltanto più il nome.
Pomodoro cinese, mozzarella lituana, olio tunisino e grano canadese. In due pizze su tre questi sarebbero gli ingredienti del piatto italico più famoso nel mondo. Italiani pizza, mafia e mandolino? Qualcosa sta cambiando.
Se sulla mafia andiamo lisci come l’olio (siamo ancora i numeri uno), già sul mandolino abbiamo perso colpi. Onestamente, in giro non se ne vedono più molti. Anzi, se ne scorgete uno, prima che si nasconda segnalatelo al Wwf: trattasi di razza in via di estinzione (o, più probabilmente, già estinta). Amen, e non so se ne sentiremo la mancanza.
Ma la pizza? La pizza non la possiamo distruggere impunemente, come invece stiamo facendo con altre nostre incredibili eccellenze (non solo enogastronomiche). Una margherita con il pomodoro cinese, l’olio tunisino e la mozzarella lituana non è più una margherita. E’ una mostruosità che offende chi ancora offre una pizza degna di questo nome.
E allora? Ma sì, facciamo una legge che permetta di fare le pizze anche in questo modo. In fondo, se l’Europa non ce lo ha ancora chiesto, è solo questione di tempo: prima o poi busserà alla nostra porta. Ma, almeno, che a questo nuovo “essere” si dia una Dop specifica, che la renda riconoscibile agli occhi del consumatore.
Chiamiamola, semplicemente, “La Merdosa“. Più ci penso, e più mi compiaccio. Come scriveva Ennio Flaiano, il progresso vero è chiamare le cose con il loro nome.