MA FIGURATI, A ME NON MI FREGA NESSUNO!
Figuriamoci, il solito articolo scandalistico – penserà qualcuno.
Io, di certo, non mi sono fatto fregare.
Liberissimo di pensarla così. In effetti, la pensano così – da tanti anni – milioni di italiani e centinaia di persone nel mondo occidentale.
Una sola domanda, allora: sei contento del mondo in cui vivi? In quel mondo, hai un lavoro migliore di un tempo, più soldi di allora, hai tutto il credito bancario che ti serve, il Paese in cui vivi ti offre servizi decorosi in cambio di tasse oneste, e vedi il futuro radioso per te e la tua famiglia.
Non è forse vero?
Se è così, non leggere questo articolo, non ti riguarda.
Se non è così, sappi che quanto ti è accaduto – ed è accaduto a centinaia di milioni di persone – non è un caso.
Ecco perchè.
Ma in che minchia di presunta truffa sarei stato raggirato? – ti starai chiedendo.
Bisogna conoscere la storia economica, per capire il presente e perché la tua famiglia soffre.
Parliamo allora della madre di tutte le truffe: della grande rivoluzione che c’è stata in economia, sul finire del secolo scorso, il XX secolo. In quella rivoluzione si è deciso da parte dei governi di abdicare al loro ruolo di gestori della spesa pubblica per affidarlo a organismi privati: le banche.
Non si saprà forse mai in cambio di cosa sia stata fatta questa scelta.
Sta di fatto che, quella scelta, ha cambiato tutto.
Una volta, lo Stato costruiva ospedali, strade, scuole, spendendo a debito. Come abbiamo spiegato in un precedente articolo (Il debito pubblico? Una menzogna del diavolo), quelle opere ” debito” erano anche una altra cosa, in realtà: una ricchezza.
Quelle opere creavano servizi e posti di lavoro, cioè redditi che poi venivano spesi, andando a pagare quel debito, per mezzo delle tasse.
Ora, c’è un passaggio semplice ma fondamentale da capire.
Poi, a un certo punto, qualcuno ha voluto che lo Stato – cioè, noi – non avesse più il controllo della moneta. Quindi, lo Stato si doveva indebitare verso altri soggetti per poter fare le cose che faceva prima.
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