Sulla cabina di regia piena sintonia con Ravetti. Mentre a proposito di Regioni…

di RLivraghi nuovaoberto Livraghi

 
L’intervista apparsa su “CorriereAl” dello scorso 11 aprile conteneva alcune mie considerazioni sul bilanciamento dei vari poteri territoriali. Le reazioni raccolte presso alcuni amici, anche autorevoli, mi fanno capire che quelle mie osservazioni si potessero prestare a una lettura falsata e chiedo pertanto ospitalità per un supplemento di ragionamento, almeno su un paio di questioni.

La proposta di Mimmo Ravetti. Come noto, Ravetti, che stimo non solo come amico ma per come interpreta il suo ruolo istituzionale, nei giorni scorsi ha avanzato la proposta che i sindaci dei 7 centri zona possano svolgere un ruolo di figure cardine del rilancio territoriale.

Questa opinione, qui riferita in sintesi, è molto interessante e non è vero che non mi trovi concorde. Anzi, nell’intervista ho affermato che se i sette sindaci facessero stabilmente parte del Consiglio Provinciale (che è di fatto già oggi un livello amministrato dai sindaci), l’azione di regia sul territorio sarebbe molto più efficace. Quindi nessun distinguo sulla proposta di Ravetti, ma concordanza piena, aggiungendo soltanto che bisognerebbe recuperare in tutto ciò un ruolo delle Province: non guardando al passato ma con uno sguardo istituzionalmente innovativo sul futuro.

Il ruolo delle Regioni. Il mio discorso era rivolto al sistema delle Regioni italiane eRegione Piemonte non ad una in particolare. Tanto meno alla Regione Piemonte. Anzi, nella mia esperienza di quasi 40 anni di Camera di Commercio, posso dire che la nostra Regione è stato ed è un partner importante per il sistema camerale dall’impostazione delle politiche per l’internazionalizzazione alle iniziative per l’agricoltura, dal sostegno allo start up d’impresa fino al tema attuale della promozione del territorio. Non era questo l’obiettivo della mia riflessione. Intendevo dire invece che, a mio parere, le Regioni nel rapporto con i singoli territori hanno assolutamente bisogno dei livelli intermedi di governo e di rappresentanza: dalle Associazioni di categoria alle Fondazioni bancarie, dalle Province alle Camere di Commercio.

Il rischio – che non sta nella politica regionale, ma in quella del governo – è di mettere in discussione l’intero sistema dei corpi intermedi, senza prevedere preventivamente una soluzione alternativa o affidandosi a un ritorno al centralismo. E questo è un tema sul quale sarebbe positivo – come credo fosse intenzione di “CorriereAl” – aprire un confronto reale e partecipato.