di Enrico Sozzetti
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Il Nord Ovest della logistica è quello immortalato dagli Stati generali che si sono svolti per due giorni a Novara, ospitati nell’aula magna dell’Ateneo del Piemonte Orientale? Sono realistiche le intese sottoscritte da Piemonte, Liguria e Lombardia? Alessandria è davvero destinata a sopravvivere nella triste periferia di un territorio eternamente di confine? Forse non è tutto come sembra perché le dinamiche che si stanno sviluppando nel nord Italia potrebbero cambiare progressivamente il volto di parte del Paese in modo inaspettato.
Prima Novara. Dopo la firma del protocollo d’intesa fra le tre regioni per l’attuazione di iniziative strategiche per lo sviluppo della logistica, Sergio Chiamparino, presidente della giunta regionale piemontese, ha commentato: “Il fattore tempo è fondamentale per vincere la scommessa di far diventare il Nord Ovest una piattaforma logistica competitiva con quelle dell’Europa settentrionale. E per non vedere aumentare, ma anzi far diminuire, l’attuale distacco con il Nord Europa, in attesa che diventino operativi i grandi corridoi ferroviari come la nuova Torino-Lione e il Terzo valico, bisogna far funzionare al meglio i collegamenti esistenti, individuando con esattezza i porti liguri che possono meglio intercettare i flussi delle merci e gli interporti piemontesi e lombardi che hanno le maggiori capacità di movimentarle”. Non è mancato anche un memorandum d’intesa per lo sviluppo e la promozione degli interporti piemontesi. Il documento sottoscritto dall’assessore ai Trasporti e Infrastrutture della Regione Piemonte, Francesco Balocco, dai presidenti di Sito Spa, Giovanni Battista Quirico, e Cim Spa, Maurizio Comoli, e dal vicepresidente di Rivalta Terminal Europa, Dirk Verwimp, intende “cogliere le grandi opportunità offerte dai cambiamenti in atto nel sistema logistico (prossima apertura del Gottardo e del Ceneri, avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, adeguamento dei grandi vettori marittimi verso l’utilizzo di navi di grandi dimensioni)”.
Poi un altro tassello che si è aggiunto nei giorni scorsi quando tre interporti hanno sottoscritto un ‘memorandum of understanding’ per “costituire un fronte comune di strutture logistiche in grado di proporre alle imprese manifatturiere alternative di trasporto economicamente e operativamente valide anche attraverso l’istituzione di nuovi servizi ferroviari regolari fra il Mezzogiorno e il Nord Italia”. L’intesa è stata siglata dall’Interporto Sud Europa di Marcianise-Maddaloni, da Cim di Novara e dall’Interporto di Bologna. Il patto a tre, aperto all’ingresso di nuovi player, si propone di “sviluppare una progettualità condivisa, promuovere concretamente i traffici intermodali, anche nella logica dei corridoi doganali, favorire una integrazione e standardizzazione delle Ict, mettere a sistema il ruolo e le specificità di ciascun sottoscrittore del memorandum, fornire alle imprese manifatturiere del territorio servizi e strutture più competitive aumentando così anche le opportunità occupazionali, favorire l’espansione delle potenzialità del territorio per aumentare la capacità di risposta alle nuove opportunità, per la difesa e lo sviluppo dell’occupazione già insediata, e rappresentare un tavolo comune per meglio definire le azioni e le relazioni con il sistema ferroviario nazionale”.
Infine Genova. Fra le molte questioni aperte c’è non solo quella della volontà reale del governo rispetto ai compiti che devono avere le autorità portuali, ma è destinata a pesare la politica in relazione alla nomina del presidente di quella del Mar Ligure Occidentale che accorperà le Autorità di Genova e Savona. Il nome in testa alla lista è quello di Sandro Biasotti, esponente di Forza Italia e candidato unico di Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria. Ma a giudizio di alcuni ambienti economici genovesi, il nome di Biasotti sarebbe gradito unicamente ad alcuni operatori locali, mentre quelli che hanno un effettivo peso economico guarderebbero alla nomina con ben altro occhio. Per capire come funziona il capoluogo ligure basta un dato: su quasi due milioni e trecentomila teu (unità di misura per un container da venti piedi) movimentati in un anno, Voltri muove quasi due milioni e il resto è dei terminalisti genovesi Spinelli, Gavio e Negri. Un equilibrio delicatissimo che potrebbe essere reso ancora più precario se il gruppo Fs non modifica la politica reale che lo vede impegnato a investire molto nel nord Italia, lungo l’asse Torino-Milano, e meno in Liguria. Se su Genova gli impegni sono più di facciata che di sostanza, rischia di morire lentamente.
E insieme a Genova accadrebbe lo stesso al terzo valico ferroviario, che procede con una lentezza strana, e al Basso Alessandrino che diventerebbe inutile come retroporto ligure. Le merci si muovono secondo logiche diverse. Al nord Europa conviene puntare su alcuni corridoi, certo. Ma le cose possono cambiare rapidamente. Per esempio, l’Interporto Toscano ‘Amerigo Vespucci’ di Livorno sta crescendo, è un nodo strategico, con il Porto di Livorno, per le autostrade del mare ed è punto di riferimento per le principali rotte del Mediterraneo per razionalizzare e limitare il trasporto su gomma. Lo sviluppo si sta consolidando in direzione del Brennero e l’aumento dei flussi di traffico sono significativi.
La provincia di Alessandria, con l’interporto di Rivalta Scrivia e il polo logistico casalese di Bcube guidato da Piero Carlo Bonzano, è perfettamente in grado di inserirsi nella rete regionale per dare vita a un sistema integrato sul modello di Rotterdam. Ci sono spazi, attrezzature, professionalità e progettualità imprenditoriali serie con la presenza di importanti operatori.
Per il capoluogo, al momento, è buio pesto. Ma questa è tutta un’altra storia.