di Enrico Sozzetti
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‘Alessandria che sarà’. Il titolo del convegno che il gruppo consiliare “Al Centro” ha organizzato nella sala conferenze dell’ex Taglieria del Pelo suonava perentorio e indicativo di un percorso. In realtà un grande punto interrogativo sarebbe stato necessario. In un salone affollato di decine di persone che hanno fatto la storia della Democrazia cristiana, del Partito socialista e del Partito comunista, è stata tratteggiata una idea di città, ma che si scontrava ogni momento con le contraddizioni, le visioni miopi, le difficoltà ad agire con decisione, la scarsa capacità di relazione che, di fatto, hanno progressivamente emarginato il capoluogo dal resto della provincia e dal sistema piemontese.
Un capitolo a parte merita Fabrizio Palenzona chiamato a esaminare le prospettive che Alessandria può ancora avere nel contesto dello sviluppo della logistica. Pochi i suggerimenti: “Bisogna avere le idee chiare e sono necessarie visione, strategia e pianificazione”. Nel 1996, la Provincia di Alessandria guidata da Palenzona è andata a Basilea a presentare il primo piano di programmazione dello sviluppo di logistica, interportualità, collegamento con i porti liguri e previsione delle dinamiche dei traffici legati alla globalizzazione. Nello stesso anno durante un altro incontro, sempre in Svizzera, il governo elvetico aveva annunciato la realizzazione dei nuovi tunnel del Gottardo e del Lötschberg. Il secondo, di 34 chilometri, è stato aperto nel 2007 e il primo, lungo 57 chilometri, viene inaugurato a giugno. Nella stessa riunione il governo italiano aveva annunciato che avrebbe realizzato il terzo valico ferroviario dei Giovi. Come siano andate le cose, dopo vent’anni, è sotto gli occhi di tutti. Prima come presidente della Provincia e poi alla guida della Fondazione Slala (Sistema logistico del Nord Ovest), Palenzona ha fatto accordi e siglato protocolli di intesa che hanno riunito i Comuni, le Province, le Camere di Commercio di Alessandria, Genova, Savona e le Autorità portuali fino all’aeroporto di Malpensa. Quando Palenzona lascia la guida di Slala (le ragioni meritano un racconto a parte) tutto si sgretola.
L’incontro è stato aperto da Rita Rossa, sindaco del capoluogo che subito puntualizza che “non si naviga a vista”. Poi è pronta a rivendicare le “scelte coraggiose” fatte. Immancabile la partenza che prende le mosse dal dissesto (sono passati quattro anni). “Il primo punto di progetto di città – ha esordito il primo cittadino – è stato il risanamento. Ci siamo assunti la responsabilità con un disegno di città e un modello di sviluppo, con i servizi pubblici che devono stare sul mercato, il partenariato pubblico-privato che non è più una eresia, abbiamo fatto operazioni che non hanno lasciato indietro nessuno. Sono state fatte scelte coraggiose e impopolari, è nata la multiutility (gruppo Amag, ndr) con singole business unit cui si aggiungono a che i trasporti. Tutto questo è un progetto, non navigare a vista. Certo, abbiamo un lavoro da finire, ma intanto questa città è stata salvata dal baratro. In questo anno dobbiamo correre per portare a termine gli obiettivi in vista e abbiamo due punti nodali: riprendere il progetto dello scalo ferroviario e delle sue capacità per il quale Rfi (Rete ferroviaria italiana) e la Regione Piemonte ci devono dire cosa vogliono fare, poi il nuovo ospedale per il quale siamo pronti a indicare l’area di costruzione”. Sapere cosa vogliono fare gli altri va bene, ma essere interlocutori affidabili e credibili, quindi capaci a reggere un confronto, significa anche avere proposte realistiche in mano e progettualità che travalicano i confini municipali. Sul nuovo ospedale, forse sarebbe meglio riflettere, come altri stanno già facendo, sulla qualità del contenuto ancora prima del contenitore. Se il primo vale, gli investitori arrivano. Un pezzo di terreno, da solo, non basta.
Giancarlo Cattaneo, vicesindaco, ha estratto il fioretto e con gentilezza e decisione ha avuto parole per tutti. Per chi “ha portato la città al dissesto e che doveva chiedere scusa e sedersi al tavolo con noi, ma non lo ha fatto”. Per l’opposizione “del tutto assente”. Per la burocrazia con tutti i lacci e lacciuoli che impediscono ad Alessandria di sfruttare al meglio le risorse: “Il progetto di recupero della Valfrè è stato definito una ottima idea dal Demanio, il 24 settembre del 2014 ci siamo aggiornati e con una mail ci è stata assicurata una risposta. Che attendiamo ancora”. Per gli imprenditori: “Chi sta investendo in città arriva da fuori. Dove sono i progetti degli imprenditori alessandrini? Perché nessuno ha proposto un progetto di rilancio della città”? Lo sviluppo “è la capacità di creare sinergie tra le diverse potenzialità di Alessandria”. Teoria contraddetta ripetutamente in passato per egoismi di bottega, personalismi, mancanza di visione.
Marcello Ferralasco, assessore comunale, ha definito i tratti dello scenario urbanistico attuale e detto chiaramente che oggi “si deve passare da un governo di espansione a un governo di riqualificazione a partire dalla valorizzazione del centro storico” perché “l’attrattività reale e percepita è legata a quella del centro. Appare strategico riorientare gli investimenti nel nucleo centrale, puntando sulla rigenerazione e riqualificazione energetica”. Due le carenze irrisolte: il secondo ponte sulla Bormida e i collegamenti ferroviari, in particolare verso la Lombardia. Interessante la potenzialità legata al processo di riqualificazione degli edifici, operazione che permetterebbe non solo di risanare molti edifici storici, ma anche di aumentare il valore immobiliare e attrarre investimenti. Peccato che finora alcune esperienze siano state tentate, ma nessuna sia mai decollata. Un esempio è stato il programma ‘Ristruttura’ che prevedeva una serie di vantaggi concreti per chi decideva di investire nelle ristrutturazioni e riqualificazioni. C’erano i costruttori, le banche, gli ordini professionali di geometri, architetti e ingegneri, gli agenti immobiliari. Le ristrutturazioni, però, non sono mai partite.
A Roberto Cava, ex direttore dell’Associazione commercianti, il compito di tracciare un quadro del commercio e del turismo. I settori sono legati. Alessandria ha bisogno di “trovare nuove calamite come i brand commerciali del passato sono stati elementi di richiamo”. E poi è necessario “decidere se il commercio è solo per la città oppure se deve alzare il livello della competizione verso altri centri”. In sostanza, l’attrazione deve agire su area vasta. Non più rinchiudersi nei confini comunali. Cosa serve? Uno strumento moderno come il Town centre management per creare le condizioni di un territorio che sia realmente attrattivo, accogliente, abitato.
E Palenzona? Raccomanda, consiglia, invita gli amministratori (e Rita Rossa per prima) ad andare da Matteo Renzi e da Graziano Delrio, rispettivamente presidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e trasporti, dicendo che “se si vuole programmare il futuro, bisogna sapere cosa vuole fare l’Italia con i porti e i trasporti”. Poi per fare funzionare il territorio “ci vogliono i porti liguri e una governance di grandi operatori della logistica” e sono necessarie le alleanze con gli operatori che gestiscono le infrastrutture per orientare le cose, perché se non hai traffico non hai niente. Mi dispiace per Torino o Novara, ma la logistica deve passare da qui”. Ovviamente se ci sono le condizioni. E se la mobilità delle persone e delle merci passa “per una gestione integrata con le tecnologie e la interconnessione”. Quelle che la Slala di Palenzona aveva tentato di mettere in campo, ma che si sono perse con il cambio di passo della Fondazione ora guidata da Bruno Binasco e che è lontanissima anni luce da quella che ha rappresentato uno strumento della programmazione territoriale.
In chiusura, le riflessioni, sentite ed emozionate, di Simone Annaratone, consigliere comunale di Alessandria e capogruppo di ‘Al Centro’. Ha letto un intervento sognante e pieno di speranza. Ma il mondo, fuori, è un po’ diverso.