Disability time

Barriere architettonicheL’ironia è quella cosa che t’insegna a buttarla sul ridere anziché buttarti a terra. (cit)

 

Brava Paola Testa, si ingegna si indigna, si impegna ma soprattutto non getta la spugna e continua a lavorare per realizzare il sogno di una città senza barriere architettoniche.
Imbarazzante invece trovo il dover lottare per ottenere un diritto sancito da leggi e decreti.

Il primo decreto di cui sono a conoscenza risale al 1989 il n.236 del 14/06 emanato dal Ministro dei Lavori Pubblici: prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità,l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche.

Per quanto riguarda gli edifici pubblici mi sono imbattuto addirittura nella legge 41 del 28/02/86 (legge finanziaria) imponeva agli enti locali territoriali, allo Stato, agli enti pubblici di adottarsi di un piano per l’abbattimento delle barriere architettoniche e di destinare a tal fine una quota annuale del bilancio d’esercizio.

Poi scorrendo internet un’altra valanga di leggi e decreti, Stato e regioni hanno legiferato in materia più volte, ma siamo ancora qui a discutere. Se la volontà e la perseveranza del disability manager è ammirevole, altrettanto non possiamo dire dello Stato che ancora una volta emana leggi che lui per primo non rispetta.

Nel 1994 Alessandria veniva ferita dall’alluvione e nella successiva opera di ricostruzione si perse l’occasione di costruire una città a misura di disabile. Si incontravano cabine telefoniche appena installate posizionate su marciapiedi privi di scivolo, via Cavour “marciapiedata” a nuovo ma terribilmente stretta e “lampionata” in modo da renderla impercorribile da una carrozzina, via Trotti poteva non essere più da 20 anni una trappola per carrozzine, così come altre strade.

Lo stesso palazzo del Comune sino a qualche anno fa non permetteva al consigliere comunale in carrozzina un agevole accesso. Basta comunque passeggiare per una città qualsiasi, recarsi in uffici pubblici per capire quanto non sia stato fatto. Certo che quando una nuova legge comporta l’ennesimo balzello per il cittadino a quel punto, visto che si tratta di pagare, quella legge diventa sacrosanta, inviolabile e improrogabile.

Parliamoci chiaro, i disabili insieme ai commercianti e alla cultura sono buoni e meritevoli di attenzione solo durante le campagne elettorali, il giorno dopo un caro saluto a tutti e…vi faremo sapere.

Paola Testa vuole una città a misura di disabile che non vuol dire solo poter girare tranquillamente per le strade (il minimo garantito) ma anche avere accesso a tutte le strutture pubbliche compreso quelle ricreative. Un disabile ha il diritto di prendere un bus o un treno senza l’aiuto di nessuno, andare al cinema senza barriere e avere posti riservati, così come negli stadi, nei teatri, nelle sale convegni etc….

In Italia invece siamo ancora a combattere per i diritti minimi, quelli essenziali, come se un disabile una volta “vestito e mangiato” non avesse piu bisogno d’altro. Fare sport, andare al cinema, prendere un mezzo pubblico, andare a un convegno.

Ma alla fine di cosa stiamo parlando? Di uno Stato assente, del menefreghismo generale, dell’ipocrisa. Poi per fortuna esistono persone che hanno ancora voglia di combattere, che non si arrendono all’ipocrisia della politica. Benediciamo inoltre il volontariato, ma senza dimenticare che laddove il volontario si sostituisce allo Stato significa che lo Stato ha fallito.

Chiudo ringraziando il disability manager per l’impegno e la cocciutaggine, e lo saluto con il testo di una canzone, scritta a 4 mani dal grande Freak Antoni e da un suo amico che nella nota definiscono Handiccapato, anche se lui preferiva paralitico. E ci sono più verità e spunti su cui riflettere in questa canzone che nei 1000 decreti emanati sino ad oggi.

Diogene  ‘ il cane’

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