di Enrico Sozzetti
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Piaccia o meno, c’è sempre chi è un passo avanti. Magari non per un’iniziativa specifica che potrebbe non essere così rivoluzionaria, ma solo per avere avuto l’idea. Alimentata dal desiderio di fare qualcosa per il territorio, per l’economia, per la valorizzazione di prodotti e tradizioni. Siamo nell’Astigiano, in una terra di confine che per molti aspetti guarda più ad Alessandria che ad Asti. Dove? A Nizza Monferrato. Centro di poco più di diecimila abitanti che venerdì, alle 18, nel salone della ‘Signora in Rosso’ nell’Enoteca regionale di Palazzo Crova terrà a battesimo il progetto del Piemonte Barbera Doc “La tradizione si rinnova”. Sergio Chiamparino, presidente della Giunta regionale, insieme all’assessore regionale all’Agricoltura, Giorgio Ferrero, saranno in prima fila per certificare interesse e validità del progetto che la Cia ( Confederazione italiana agricoltori) di Asti ha elaborato con la collaborazione della Cantina di Vinchio e Vaglio Serra e l’enologo Giuliano Noè. Non mancheranno nemmeno i vertici nazionali della Cia, con il presidente Dino Scanavino. Nasce su queste colline una iniziativa di promozione, valorizzazione e rilancio che, al contrario di tentativi andati in scena più volte nell’Alessandrino (che peraltro nulla ha da invidiare per qualità di vini e produttori), guarda subito oltre i confini municipali.
Infatti il Piemonte Barbera Doc ‘La tradizione si rinnova’ sarà presentato nelle prossime settimane al Vinitaly di Verona, ad Asti, Torino, Genova, Alessandria e nell’Oltrepò Pavese. Il progetto della Cia, aperto a tutte le aziende produttrici del Piemonte, costituisce “il primo passo di un percorso che si propone di restituire chiara identità alle varie tipologie delle Dop Barbera, cominciando proprio dalla ‘Piemonte’, attraverso la programmazione in vigneto e un accesso moderno, giovane e quotidiano al consumo” spiegano gli ideatori. Che funzioni o meno, si vedrà. Che sia effettivamente una opportunità per conquistare mercati nuovi grazie a una combinazione fra qualità e prezzo, si vedrà. Che sia un metodo valido, si vedrà. Ma almeno l’idea astigiana è diventata realtà, è stata fatta conoscere ai massimi livelli regionali, andrà in vetrine di rilievo nazionale e internazionale.
La cronaca impone a questo punto un paragone, quello dell’alessandrino ‘Marengo’. Prodotto costruito per fare smaltire giacenze di Cortese, per assicurare remunerazione a produttori e a chi ha lavorato al progetto, ha poi avuto un esito infelice nella prima fase. Lanciato in grande stile per diventare il simbolo della promozione del territorio, dopo qualche anno è quasi scomparso dalla circolazione commerciale. Difficile trovarlo in negozi ed enoteche (e quando avveniva il prezzo appariva nettamente fuori mercato), ma anche nelle carte dei vini di quasi tutti i principali ristoranti. Dall’ottobre 2010, epoca della presentazione, al novembre 2015, momento della rinascita del progetto, è passato molto tempo e l’economia vitivinicola è cambiata. Ma i protagonisti dell’epoca sono convinti che si possa ripetere l’exploit della prima ora. E così in provincia di Alessandria è tornato sulla scena il “Marengo” con uno spumante metodo classico che al dettaglio vale circa 14 euro alla bottiglia e che vuole rilanciare la ‘Rinnovazione del Cortese’ che “aveva come obiettivo consentire l’acquisizione di quella parte di mercato che oggi richiede vini con bollicine a bassa gradazione alcolica e che poteva contribuire ad incrementare la produzione vitivinicola in provincia”. Parole di Camera di Commercio, ente capofila del progetto insieme a Provincia e Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, Vignaioli Piemontesi e Cantina Tresecoli di Ricaldone che si occupano della produzione e della commercializzazione.
Ai buoni propositi al momento non segue né una quantità sufficiente per andare su mercati più importanti, né una distribuzione che punta fortemente fuori dall’Alessandrino e che al momento è stata dichiarata limitata a quattordici fra ristoranti, enoteche, bar, gastronomie, pizzerie, pasticcerie di Alessandria, altre quattro realtà in provincia e un ristorante nel Parco naturale La Mandria a Venaria, due vinerie a Genova, un bar a Vercelli e un locale di Castel Boglione. Il consulente del progetto originale è stato l’enologo Donato Lanati del centro di ricerca Enosis di Fubine. Oggi è meno impegnato in Italia e molto di più all’estero, come avviene attualmente in Kazakistan, nazione dalle risorse fresche e facilmente accessibile per le nuove forme di consulenza e pronta per vini tutti da costruire.
In fondo, Alessandria sulle invenzioni (anche in altri campi, non solo in quello vitivinicolo) appare molto brava. Sul piano della concretezza, della visione e delle relazioni ad ampio respiro ha invece visto giorni decisamente migliori.