La Camera dei Soli [Il Flessibile]

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di Dario B. Caruso.

Mantova è una città straordinariamente affascinante.
Capitale italiana della cultura 2016, rappresenta un piccolo gioiello circondato su tre lati dalle acque del Mincio.
La gente è semplice e accogliente, con quella parlata lombardo veneta ammorbidita da una chiara influenza emiliana. Pur non essendo città universitaria i giovani sono numerosissimi e si ritrovano in grandi crocchi nei locali delle piazze cittadine, giungono a piedi, in moto o in bicicletta per uno spritz e quelle chiacchierate tipiche dei vent’anni.
La Basilica di Sant’Andrea è tra le prime dieci chiese italiane per grandezza; nella cripta – aperta solo in alcuni orari e con visita guidata da volontari – conserva i Sacri Vasi con il sangue di Gesù che San Longino raccolse ai piedi della croce.
E poi Palazzo Ducale.
Uno scrigno di bellezze e tesori che poche città possono vantare.

soli_flexNel corso della visita al palazzo – visita che comprende la Camera degli Sposi del Mantegna e un affascinante percorso di oltre due ore solamente a 12 euro – mi sono rimaste impresse due stanze contigue.
La prima è la Camera dei Soli, una piccola stanza con il soffitto affrescato di una brillantezza antica che oggi appare opaca e odora di stantio. Rappresenta due piccoli soli (in quanto stelle) incastonati in un cielo vuoto di contenuti e ricco di fronzoli.
La seconda contiene “Giove, Nettuno e Plutone si dividono i regni”, un piccolo affresco che raffigura le tre divinità in primo piano che si spartiscono rispettivamente le Terre, i Mari e gli Inferi, di comune accordo.

Ho avuto una strana impressione, distonica rispetto al benessere della visita tutta. Sono entrambe, come gran parte del patrimonio gonzaghesco, opere del Cinquecento, ma quanta modernità.
Da una parte la gente comune, i soli, stelle lasciate sole, abbandonate ai loro destini che si esauriscono e, lentamente, si spengono.
Dall’altra i potenti, sicuri delle proprie azioni poiché intoccabili, super partes che si dividono le sfere di competenza, soli neri intorno ai quali ruota il sistema.
Due realtà che convivono mestamente, sbilanciate numericamente verso la prima, politicamente verso la seconda.
Penso di quanto siamo soli. Ma la bellezza dell’arte Rinascimentale mi riprende e lentamente dimentico.

Concludo con una nota di Europa Unita.
Palazzo Te, costruito dai Gonzaga appena fuori dalle mura cittadine per farne luogo di svago, feste e addestramento di cavalli.
Giungiamo alle 12,45 davanti all’ingresso, un quarto d’ora prima dell’orario di apertura. Attendiamo sorseggiando acqua fresca da una bottiglietta sotto un sole di primavera inoltrata. Dieci minuti dopo arriva una coppia di turisti tedeschi – lo si evince prima dalla guida che stanno consultando poi dagli scambi di battute fra loro – che alle 13 in punto, al momento dell’apertura del botteghino, si fiondano per primi alla reception d’ingresso.
Ecco – penso – che l’Europa sta facendo passi da gigante: i tedeschi che rispettano i tempi siamo noi, gli italiani che non conoscono la parola coda sono loro.
Domani andrò in concessionaria per acquistare una Volkswagen e stasera comincerò a leggere “Profugopoli” di Mario Giordano.
Per tornare alla realtà.
Italien über alles!