Manca un soffio a Pasqua. Il momento giusto per ricordare che la quasi totalità degli abitanti di questo pianeta ha dichiarato guerra al mondo animale e, nonostante l’amore e gli sforzi di minoranze illuminate europee e nordamericane, contro gli animali di ogni genere e dimensione la barbarie esercitata ha ormai assunto le dimensioni di uno sterminio di massa.
Mentre è in corso la mattanza degli agnelli per un rito pasquale per certuni “religioso”, serve disturbare la digestione con la macabra contabilità rimossa. Cani e gatti sono perseguitati e uccisi nella maggior parte dei paesi islamici, a eccezione dell’Iran, perché considerati sporchi e immondi. Nella civile Europa, in Spagna, abbiamo l’abominio delle Perreras (che sarebbero i loro canili pubblici) dove si contano 40000 cani uccisi ogni anno nei modi più impensabilmente crudeli: questa è la nazione dove poi, se serve ricordarlo, sopravvivono la corrida e altre manifestazioni analoghe, nonché la strage dei “Galgos”, i levrieri che vengono abbandonati dopo le stagioni di caccia e crudelmente ammazzati spesso dai loro stessi padroni.
Nei paesi dell’Est i cani vengono sistematicamente uccisi perché sulla loro pelle i governi hanno organizzato un business stomachevole; un grande italiano che si chiama Andrea Cisternino da anni lotta laggiù contro abusi e brutalità di ogni tipo, nell’assordante silenzio della politica nostrana. Ovunque la caccia, dall’Africa all’Europa, miete vittime innocenti abbattute per puro sadismo, mettendo a repentaglio specie preziose in procinto di estinguersi (leoni, tigri, elefanti e rinoceronti in Africa e orsi e uccelli migratori in Europa).
La sperimentazione sugli animali, nonostante un milione di firme raccolte a favore dell’abolizione, è stata bellamente ignorata dalla Commissione Europea nel giugno 2015 e allora non si fa fatica a immaginare che la vivisezione possa proseguire nel silenzio e nell’omertà.
Ancora, senza commenti: la strage annuale dei delfini in Danimarca; quella delle balene da parte del Giappone; il macello rituale della festa di Gadhimai in Nepal; l’ignobile festival di Yulin in Cina dove animali domestici, molti rubati ai legittimi padroni, vengono macellati e poi mangiati; l’orripilante caccia ai cuccioli di foca in Canada.
Si potrebbe andare avanti per pagine e pagine con tanti altri esempi di massacri “istituzionalizzati”, per capirci. Ma si può anche chiuderla qui, senza dimenticare un triste fenomeno italiano che è quello dei piccoli animali uccisi per pura crudeltà da ragazzini psicopatici e da adulti potenziali serial killer; non passa giorno infatti che la cronaca non fornisca esempi di questa realtà sociale su cui chi di dovere dovrebbe vigilare con assoluta attenzione, perché – oltre alle considerazioni immaginabili di prima battuta – occorre ricordare che questo tipo di reato è un solido presupposto per “allenarsi” alla pratica dell’omicidio su esseri umani.
Come riportano molti report al riguardo, i futuri serial killer spesso uccidono e abusano di animali più grossi come cani e gatti, frequentemente solo per il loro piacere solitario, invece che per impressionare i loro pari. E più in generale ha ragione Vittorino Andreoli, intervistato in TV a proposito dell’assurdo quanto efferato delitto avvenuto a Roma la notte tra il 5 e il 6 marzo, quando Luca Varani di 23 anni è stato ucciso a coltellate e martellate da due presunti amici sotto l’effetto di cocaina. Ha ragione quando dice che la morte, come momento sacrale dell’abbandono della vita, non esiste più, ridotto com’è a un atto totalmente anaffettivo, giusto – parafrasando gli assassini – “per vedere l’effetto che fa”.
Si percepiscono una risonanza sociale di fondo e un retroterra che dovrebbero inquietare genitori e addetti e che scivolano invece nell’indifferenza. La risonanza l’ha messa bene in luce Marco Neirotti su “La Stampa” del 7 marzo, elencando i sempre più frequenti delitti per “narcisismo”, morti che avvengono sul nulla e per il nulla, come il caso del camaleonte Gabriele Defilippi, ultimo residuo di una “pesca a strascico” da cui emergono gli omicidi di Garlasco, di Perugia, di Erba, di Brembate e di Novi Ligure.
Si uccide per niente, per provare una scarica voltaica, con una magra e presente giustificazione che spesso si ignora, e a volte invoca questioni di denaro o di odio. E spesso le scariche voltaiche vengono prima cercate nella pratica zoosadica, che in Italia primeggia (almeno 40000 bestiole uccise così, tra le risate e il nulla nella mente) molto sottovalutata.
Non devo convincere nessuno. Scrivo per me e per i miei consimili, quelli che nell’animo sentono ancora accendersi quel debole barlume di umanità si chiama “Pietà” e che si va estinguendo nello spegnimento generale della coscienza, come testimonia senza appello lo scandaloso e vergognoso campo profughi di Idomeni, roba da buttare l’Europa al macero.
Per coerenza e per pietà domani nel mio piatto non ci sarà carne d’agnello. Perché da qualche parte bisogna cominciare per contrastare il nulla mentale che dilaga.