Sono sempre stato fermamente convinto della inderogabile necessità e dell’importanza di ascoltare e dialogare con tutti. In particolare con quelli che la pensavano in modo diverso dal mio, ai quali davo la priorità, dato che consideravo indispensabile un contraddittorio, che sovente si rivelava produttivo, prima di prendere decisioni su questioni importanti. Questo principio al quale personalmente mi sono sempre attenuto nella mia lunga attività in aziende private, a mio modesto avviso vale ovviamente e direi a maggior ragione nel settore pubblico e sopratutto in politica. A quanto pare invece questo solitamente non succede, fra maggioranza e opposizione il dialogo è inesistente e quando c’è è più che altro uno scontro. Le difficoltà a dialogare sussistono persino all’interno di uno stesso movimento politico e ancor di più all’interno di una coalizione di partiti che in teoria dovrebbero collaborare nell’interesse dei cittadini. A questo proposito basta vedere quello che sta succedendo nelle ultime settimane a livello nazionale in prossimità delle elezioni nei comuni importanti, sia all’interno del PD che fra il PDL e la Lega nord.
Il Centro-destra su Roma presentandosi con quattro candidati ha decretato un suicidio politico, dato che uniti si vince ma divisi si perde, per quanto riguarda il PD vale lo stesso principio sulla necessità di presentarsi uniti ma sopratutto serve un candidato carismatico e capace, caratteristiche che a mio avviso non sono riscontrabili in Roberto Giachetti, infine per quanto concerne il M5S, la candidatura di Alessandro Di Battista avrebbe sicuramente maggiori possibilità di vincere rispetto a Virginia Raggi, che politicamente è un illustre sconosciuta.
Tutti pensano di avere ragione, partendo dal presupposto che la propria idea sia migliore e vincente ma probabilmente perchè innanzi tutto tutelano gli interessi personali e conseguentemente la propria poltrona indipendentemente da quanto rende, dato che prima ancora del denaro c’è il potere che questa rappresenta. Nella concezione di molti una poltrona piccola o grande che sia, rappresenta comunque uno status symbol che da prestigio, diversamente non si spiegherebbe perchè sia a livello nazionale che locale, in occasione delle elezioni le candidature si moltiplicano come i funghi nel bosco dopo la pioggia.
In Alessandria, se non ricordo male, in occasione delle elezioni amministrative del 2012 ci furono 18 candidati Sindaco (15 dei quali avevano zero possibilità di essere eletti) e 900 candidati Consigliere comunale, un vero record. Purtroppo non l’ultimo dato che fu seguito da altri, una serie negativa che in seguito mise in grave difficoltà la città, il primo Comune in Italia a deliberare il dissesto con la legge Monti che prevedeva maggiori penalizzazioni, lo sforamento del patto di stabilità, l’impossibilità di contrarre mutui per effettuare lavori pubblici o altri investimenti, di assumere personale, ecc. ecc.
Se non esiste il dialogo all’interno della politica, come si può pensare che possa esserci il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini, ad esempio con la reintroduzione dei nuovi Consigli di quartiere o di Circoscrizione, per condividere la gestione della cosa pubblica?
Pier Carlo Lava – Alessandria