Pomeriggio di neve per parlare di nebbia, brividi di freddo e brividi d’autore. Il tutto è stato reso possibile grazie alla calorosa energia di un valido organizzatore quale Silvio Antonellini, e per merito pure del direttore di casa nostra, Ettore Grassano, giornalista che con scioltezza e competenza sabato scorso ha condotto un bel dibattito di fronte a un pubblico attento.
L’occasione era un micro festival (che tutti si augurano essere il primo di una lunga serie) svoltosi presso la biblioteca cittadina. Quattro, gli autori alessandrini seduti al fianco dell’intervistatore. Il sottoscritto, Danilo Arona, Giulio Massobrio, Giorgio Bona. Giusto per provare a capire cosa realmente si cela sotto la nebbia di casa nostra, e quanto tutto ciò possa essere trasformato in piacere di scrivere. E, vista anche la presenza di Massimo Brioschi (curatore dell’antologia Alessandria nel dissesto) e degli attori Luigi Di Carluccio e Maurizio Pellegrino, reso anche in palcoscenico.
La “provincia” (nell’accezione più generale, ma la nostra non è da meno) ormai si fa protagonista nel mondo editoriale. Si rivela come un sempre più ricco contenitore a cui l’editoria impegnata nel campo del giallo, noir o di mistero nel senso lato del termine, può attingere a piene mani.
Il grande risveglio narrativo dell’inizio anni 90 vedeva in primo piano solo le grandi città, Bologna, Milano, Roma, Napoli. Si iniziava a svelare un nuovo profilo letterario. Non era più necessario superare le frontiere francesi o emigrare oltreoceano per trovare una storia più o meno cruenta di investigazione di provincia o di analisi criminale dei personaggi. E gli sforzi e l’inventiva di pochi hanno aperto, alla stregua di coraggiosi esploratori, le vie d’accesso a una nuova civiltà letteraria.
Nomi di autori italiani spuntavano alla ribalta (dopo gli anni di Fruttero e Lucentini, e Loriano Macchiavelli, arrivavano editori come Luigi Bernardi, o gli esordi di Carlo Lucarelli, Andrea G. Pinketts, Alan D. Altieri). Tutta una schiera di eredi del grande Giorgio Scerbanenco che si sarebbe andata a rimpinguare con grande rapidità. La strada era stata spianata. Ancora ricca di trappole e incognite ma comunque più agevole. Ai coloni era offerta la possibilità di seminare in spazi vergini e particolarmente fertili. Per qualche anno ancora l’ialian crime consolidò i suoi baluardi nella metropoli o là dove la criminalità organizzata la fa da padrona. Ma la svolta era vicina.
In questo ultimo decennio si sono spalancate le porte della provincia più schietta, dove il crimine sorprende e turba le coscienze senza più rappresentare una novità. Il crimine ad ampio raggio. Si può raccontare dall’omicidio senza motivazioni razionali, alla fredda corruzione, fino alla microcriminalità arrogante. Scandali, paura e rabbia si fanno narrativa e sceneggiati televisivi. Se non piace il presente o la più stretta contemporaneità si può riscoprire la storia passata. Cresce una libertà letteraria che prima invece si scontrava con il muro di una più cinematografica metropoli o con un dialetto o uno slang che pareva emarginare tutte le realtà che non rientrassero nei canoni della capitale, o delle regioni meridionali.
Gli autori possono oggi scrivere di casa propria senza più alcun timore di sentirsi di serie B. La provincia esporta i propri peccati, le proprie atmosfere come le architetture. E soprattutto la propria lingua. Il nero/noir si spalma come nutella. Si fa annusare e assaggiare. Costruisce una vera e propria geografia letteraria. E Alessandria sta facendo la sua parte. Credo egregiamente.