Il Rettore Emanuel: “Il nostro Ateneo in questi giorni diventa maggiorenne: è il momento di guardare al futuro”

Emanuel CesareUn Ateneo che cresce, nonostante il clima generale da ‘grande fuga’ dall’Università italiana di cui si parla da tempo (65 mila matricole perse a livello nazionale negli ultimi 10 anni, con un aumento del 20% dei diplomati che rinunciano ad iscriversi), e già questo basterebbe a rendere l’Università ‘tripolare’ del Piemonte Orientale un interessante ‘caso in controtendenza’, da analizzare con attenzione.
I numeri parlano chiaro: 11.343 iscritti complessivi, di cui oltre 3 mila ad Alessandria: 1.700 al Disit, 1.346 a Palazzo Borsalino.

Non solo: tra pochi giorni, precisamente il 19 febbraio, il nostro Ateneo diventa maggiorenne: “compiamo 18 anni, e ovviamente al di là dei festeggiamenti sarà anche l’occasione per un bilancio, e riflessioni sul futuro”. Dal nostro precedente incontro con il Rettore, professor Cesare Emanuel, è ormai trascorso un anno e mezzo: cosa è successo nel frattempo? Quali novità si sono delineate all’orizzonte, soprattutto per la sede alessandrina ovviamente, ma non solo?
Quali le criticità che emergono, al di là della ‘tenuta’ degli iscritti, e quali gli obiettivi che saranno perseguiti nei prossimi anni?

 
Professor Emanuel, cosa si prova a guidare un’auto che accelera, quandoPalazzo Borsalino atrio internoquasi tutti gli altri stanno rallentando?
Soddisfazione, non c’è dubbio, e la consapevolezza, che noi tutti abbiamo, di aver ben lavorato, con un progetto che guarda lontano. Abbiamo continuato a crescere, per numero di iscritti, anche in uno scenario generale complicato, grazie sia allo ‘sdoppiamento’ di alcuni corsi tra le diverse sedi, sia quest’anno per il ‘boom’ di iscritti a Biotecnologie a Novara. Ma accanto a ciò ci sono anche i dati, estremamente lusinghieri, che posizionano il nostro Ateneo a livelli eccellenti sul fronte della didattica e della ricerca: spesso davanti ad Università che hanno storia assai più radicata della nostra. L’importante naturalmente è non cullarsi sugli allori, ma guardare avanti: oggi, ad esempio, sono qui ad Alessandria per certificare un passo importante, che riguarda il potenziamento di Palazzo Borsalino: con spostamento del Museo del Cappello al pianterreno da parte del Comune, e realizzazione al primo piano di 3 nuove aule.

Ormai ci siamo? Basta rinvii?
Me lo auguro: l’obiettivo è completare i lavori entro l’autunno, e ce la dovremmo fare.

DisitNoi ad Alessandria però, rispetto a Novara che ha addirittura un campus universitario tutto nuovo, ma anche a Vercelli dove ha sede il Rettorato, ci sentiamo qualche volta la Cenerentola del trio, almeno sul fronte delle infrastrutture: è così?
Assolutamente no: il Disit è struttura di assoluta eccellenza (anche sul fronte delle tecnologie dei laboratori peraltro, oltre dal punto di vista logistico), e a Palazzo Borsalino l’adeguamento/ampliamento è imminente. Ci sono senz’altro limiti di altro tipo, non lo nego: penso soprattutto alla mancanza di un vero Studentato, che non significa solo ovviamente un dormitorio per studenti, ma anche un luogo di aggregazione culturale. Quello è un fronte su cui certamente occorre lavorare.

Non più di una settimana fa un esponente della giunta comunale alessandrina ha dichiarato che si sta lavorando per portare ad Alessandria i corsi di Medicina. Lei ha subito smentito…
Non posso che confermare la smentita: non si è mai parlato di sdoppiamenti di Medicina. Il corso di laurea, come sanno tutti è a numero chiuso, e sono innumerevoli i vincoli di contorno.

Parliamo degli iscritti all’Ateneo Professore: da dove arrivano? Ci Disit studenticonfermiamo Università di territorio, come da mission iniziale, o ci sono novità?
Certamente in questa prima lunga fase (ossia i 18 anni di attività, oltre a quelli precedenti come ‘gemmazione’ dei corsi dell’Università di Torino) abbiamo svolto una importante funzione di crescita culturale di tipo territoriale: basti pensare che, ancora adesso, circa il 75% dei nostri iscritti arriva da nuclei famigliari con genitori non laureati. Non solo: abbiamo una netta prevalenza di studenti che scelgono di fermarsi dopo la laurea triennale, e di orientarsi immediatamente verso il mondo del lavoro. Questo scenario però credo sia destinato a trasformarsi nei prossimi anni, per cui lauree magistrali e dottorati sono destinati ad avere richieste sempre più forti, via via che cresce l’esigenza di specializzazione.

L’occupazione è una criticità sempre più forte per l’Italia, una vera emergenza sociale se si guarda appunto ai giovani. Che cosa può fare l’Università su questo fronte?
Il nostro rapporto con il tessuto imprenditoriale locale, in tutte e tre le province, è molto stretto. Tutti i nostri studenti hanno in curriculum almeno uno stage aziendale, ma al di là di ciò che è previsto nel percorso di studi spesso ci chiedono di poter approfondire il rapporto con le imprese, e per quanto possiamo li supportiamo volentieri, è la strada giusta. Ma il rapporto con le associazioni imprenditoriali non si ferma qui, e come Ateneo proponiamo numerose opportunità formative che si rivolgono a chi già lavora, o fa impresa, e ha necessità di aggiornarsi e specializzarsi.

 
ErasmusI rapporti con le Università estere a che punto sono?
Crescono di anno in anno, sia in entrata che in uscita, per così dire, e sia sul fronte degli studenti (con l’Erasmus, e con altre forme di interscambio) che su quello del corpo docente. E’ sempre più rilevante, ad esempio, il numero di corsi che, nel nostro Ateneo, si tengono direttamente in lingua inglese, che ormai è strumento che tutti devono saper utilizzare in maniera adeguata per inserirsi nel mondo del lavoro.

Però, se guardiamo alle classifiche internazionali sulla qualità,  le Università italiane sono quasi sempre ‘fanalino di coda’: siamo davvero così mal messi?
Abbiamo certamente dei limiti, ma molte di queste classifiche hanno un vizio di forma, o meglio un criterio di analisi che non viene sufficientemente evidenziato: ossia vanno a cercare e misurare, legittimamente, l’eccellenza, le punte. L’Università italiana invece ha sempre privilegiato, anche sul piano della distribuzione delle risorse, una logica di crescita diffusa. Ossia: la nostra Università in realtà, a livello europeo e non solo, non sfigura per niente, e anzi offre una formazione di ottimo livello. Mentre in Francia, per fare un esempio vicino a noi, è vero che hanno la Sorbonne a Parigi, ma se si va a misurare lo scenario dell’intero paese la situazione cambia drasticamente.

 
A proposito di risorse, professor Emanuel: anche da voi si fanno i ‘saltiRicercatori mortali’ sul fronte del personale?
Distinguiamo: a fronte di un calo del fondo di finanziamento statale, noi abbiamo addirittura aumentato le entrate, proprio grazie al sistema della premialità, e dei risultati conseguiti. Il grande problema sono i vincoli imposti per legge sul fronte del reclutamento del personale, docente e non. La regola del 20% (ossia un solo assunto ogni 5 in uscita) è diventata poi del 30% e ora siamo al 50%, con la prospettiva di tornare al 100%, ossia ad un rapporto 1 a 1, dal 2017. Ce lo auguriamo, perché i ¾ dei nostri ricercatori hanno idoneità da docente, e il rischio ovviamente è che nel frattempo decidano di accasarsi altrove, magari all’estero, dove sono assolutamente apprezzati.

Area ExpoGuardiamo al futuro Professore: vede più opportunità o rischi per l’Università del Piemonte Orientale?
Credo che si debba puntare molto sulla programmazione, con realismo. I risultati sin qui ottenuti sono stati eccellenti, anche sul fronte del gradimento da parte degli studenti: consideri che le statistiche dicono che l’80% di chi ha studiato da noi si re-iscriverebbe, e non è un dato di poco conto. Vedo all’orizzonte una possibile incognita, e comunque uno snodo strategico, rappresentato dalle scelte che si faranno sull’area di Rho-Expo 2015. Se lì nascerà un polo di eccellenza sul fronte della ricerca e dell’altissima formazione, tutto bene: ci sarebbero solo vantaggi, e la possibile costruzione di molte sinergie. Se viceversa, si decidesse di realizzare in quell’area il grande campus dell’Università di Milano, è chiaro che per noi, in termini di vicinanza territoriale, nascerebbero delle complicazioni. E’ assolutamente prematuro preoccuparsi, ma altrettanto corretto monitorare la situazione.

 

Ettore Grassano