Testo tra i più interessanti degli ultimi tempi, quanto meno per gli studiosi delle “Cose di Sotto”, è il saggio di Vincenzo Incenzo La partitura infernale – Eventi sonori nelle bolge dantesche (Editore Montedit) che può diventare, a suo modo e di sicuro al di là delle intenzioni dell’autore, un importante riferimento per più di una tematica affrontata dal sottoscritto in questa e altre rubriche.
Come attesta il critico Menico Caroli (1), la visualità infernale rappresenta soltanto una metà della discesa dantesca. Nell’altra «ci sono suoni evocati da parole e aggettivi, (disperate strida, un greve truono, dolenti note) e similitudini (urlar li fa la pioggia come cani), ma anche da ossimori (suoni non musicali) e da climax ora ascendenti (sospiri, pianti e alti guai) ora discendenti (lingua, favelle, parole, accenti, voci), alternate fra di loro come in un crescendo sinfonico».
Siamo in prossimità di quello «strato acustico» dell’Inferno dantesco che, citando ancora Caroli, l’autore ingrandisce e sviluppa, da bravo «fotografo della parola cantata», coi suoi suoni e rumori aspri, striduli e dissonanti. «Sospiri, pianti e alti guai» sono anche «la terribile sinfonia» dei giorni neri della storia. L’urlo sovrumano dei campi di concentramento. La disperazione degli innocenti senza pane. Il silenzio muto di «donne piccole e violentate». Urla, sospiri, e lamenti. Il suono della vita che può essere anche infernale.
Come leggiamo nell’introduzione, «lo strato acustico dell’Inferno con i suoi suoni e rumori aspri, striduli, dissonanti, disarmonici, volgari, ridicoli, spaventosi, rabbiosi, animaleschi, rispecchia e caratterizza questo mondo violento e spaventoso, volgare e doloroso, tetro e caotico. Qualunque definizione di rumore sin qui riconosciuta dagli studi acustici, si addice agli effetti di questo ‘paesaggio sonoro’: suoni non desiderati, suoni non musicali, suoni di forte intensità, disturbi all’interno di qualsiasi sistema di comunicazione si sono dati appuntamento qui, concorrendo a creare quella ‘tonica’ (come direbbe R. Murray Schafer, studioso di ecologia acustica), che risuona con varie gradazioni ma incessante sotto gli argini, tra le bolge, lungo i ponti, negli abitacoli dell’Inferno.
Si potrebbe coniare in proposito, in contrapposizione al termine ‘profumo acustico’, quello di ‘fetore acustico’, definendo così in una parola quella infernale musica che trasuda da ogni dove nella prima cantica della Commedia. Avrebbero avuto un bel da fare designer acustici e studiosi che cercano di scoprire i princìpi grazie ai quali può essere migliorata la qualità estetica di un ambiente acustico, qui nell’Inferno, dove l’udito viene spaventato, oltraggiato, violentato!
Come se non bastasse, Dante, trasponendo la disarmonia e la dissonanza di quei luoghi a livello linguistico, e ricorrendo a un vero e proprio ‘simbolismo fonico’, ci rappresenta la terribile e stridula atmosfera infernale con parole di suono oscuro e aspro, che ancora di più ci calano tra stridori di denti, venti impetuosi, latrati disumani, grida rabbiose, scrosci improvvisi, tuoni spaventosi».
Meglio non si potrebbe dire del “fetore acustico” proveniente dal Mondo di Sotto. Ma spingiamoci oltre, servendoci dei contributi di due grandi intellettuali italici. Con Gian Maria Panizza, quando scriveva svariati anni fa in un saggio fondamentale (2) : «… all’origine della modernità ha inizio la risalita dell’inferno che inizia il suo cammino ascensionale come metafora e come condizione, invadendo e pervadendo il paesaggio mondano, rendendo città e corpi infestati».
E con Guido Ceronetti che in un celebre editoriale pubblicato su “La Stampa”, intitolato “Sacrificio al Dio Suono”, affermava: «Nella civiltà contemporanea si sta celebrando un rito in cui il dio si manifesta in forma di suono, la più primitiva, la più tremenda di tutte… Un’invasione sonora è una torva novità nella storia dell’esistenza umana. Ed è un flagello epidemico, uno dei tanti, il più oscuro, il meno afferrato come tale. Il suo obiettivo è lo sterminio della coscienza.»
Il grande Guido ci inserisce anche la musica e in questo non lo seguo. Ma la metafora è affascinante e funziona. Perché da tempo l’uomo è in gara con sé stesso per ricreare di sopra il “fetore acustico” del Mondo di Sotto. Se non fossi il felice agnostico che sono, oserei dire che l’ultima metamorfosi dell’oscuro e cornuto signore sia proprio quella della sua trasformazione (quintessenziale) in araldo sonoro di un’Apocalisse alla quale nessuno razionalmente crede (il sottoscritto in primis), ma che nel profondo nutriamo più o meno tutti con aspettative purtroppo prodotte quotidianamente da una cronaca planetaria impazzita. Il terrorismo, che avanza come una morsa da più punti cardinali, è anche “rumore” oltre che simbologia infernale.
Sembrerebbe quindi che l’inferno – al di là della metafora – stia sul serio “emergendo” sulla Terra, almeno per quel che riguarda il suo “simbolismo fonico”. Cos’altro potrebbe richiamare alla mente questo ascolto planetario di continui “stridori di denti, venti impetuosi, latrati disumani, grida rabbiose, scrosci improvvisi e tuoni spaventosi”? Non ha importanza che il rumore collettivo sia vero o simulato perché, comunque, la concretezza della percezione viene nutrita, amplificata e moltiplicata.
Intanto possiamo concludere (provvisoriamente) con una notizia significativa, ovvero che nel mondo stanno aumentando i casi di “misophonia”, come quello di Emma Riehl, studentessa inglese di 19 anni, per la quale i rumori quotidiani sono insopportabili. La giovane soffre infatti di questa malattia rara, per la quale semplicemente non può tollerare rumori come la masticazione, la deglutizione e la respirazione. La condizione neurologica, che alla lettera significa “odio del suono”, indicare che molti di coloro che ne soffrono sono costretti a una vita di totale solitudine.
Emma infatti ha difficoltà ad andare in classe a causa dei rumori che la distraggono e che la turbano, a dir poco. Attualmente frequenta l’università e sente una forte ansia ogni volta che deve andare a lezione. «Ci sono circa 25 ragazzi nella mia classe, e cinque di loro hanno il raffreddore, quindi è per me piuttosto difficile affrontare la cosa», dichiara la ragazza. Coloro che soffrono questa condizione hanno la sola alternativa di una vita di quiete e solitudine, solo perché fisicamente non sopportano di stare con persone che provocano rumori banali. Semplici attività alimentari come masticare, sgranocchiare, succhiare e deglutire innescano sentimenti di ansia e rabbia in alcuni, mentre l’accentuare il suono ‘p’, la lettera ‘s’ o espressioni come ‘uh’ e ‘um’ possono provocare in altri una cieca furia. Anche i rumori domestici, come quello prodotto dai sacchetti di plastica o dalle posate mettono in moto tali meccanismi.
È l’altra faccia dell’invasione sonora? L’estrema metamorfosi? La partitura infernale che sta emergendo e generando una nuova specie di mutanti dell’ascolto? Lo sapremo solo vivendo.
(1) Menico Caroli, Una nota di lettura a La partitura infernale di V. Incenzo, www.club.it/autori/libri/vincenzo.incenzo/prefazione.html
(2) Gian Maria Panizza, L’inferno come spettacolo, da Swift a King, in “Rivista di Estetica” n° 30, Rosenberg & Sellier, Torino, 1988.