Presentato il progetto “Piemonte Barbera”, verso una nuova identità del vino-bandiera del Piemonte.
Un 2016 fortemente innovativo per Vinchio Vaglio Serra. Un anno che vede l’organizzazione agricola impegnata su più fronti, dalle battaglie per l’abolizione di Cosap, Imu e caporalato delle vigne, alle iniziative di conoscenza e informazione riguardanti la nuova legge agrituristica, il corretto uso delle materie prime nell’alimentazione, la nuova Ocm Vino e la qualità dei prodotti agricoli spiegati ai ragazzi delle scuole elementari.
Ma anche un anno per difendere il ruolo degli agricoltori e dell’agricoltura con iniziative riguardanti la corilicoltura di qualità, la sempre contraddittoria situazione del moscato, la difesa dalle avversità atmosferiche, la storia del movimento contadino astigiano rievocata durante l’annuale Festicamp.
Infine, particolare attenzione alla Cia astigiana e al futuro del comparto, con la “restituzione” di un ettaro di vigneto didattico all’Istituto tecnico agrario di Asti e con la chiamata a corresponsabilità dei cittadini di “Vigna aperta” per conoscere da vicino che cosa c’è dietro il lavoro dei vignaioli che vogliono fare qualità e reddito.
Proprio da questa interessante iniziativa è nato il progetto per rinnovare la tradizione della Barbera Piemonte. Obiettivo del progetto, quello di restituire precisa identità alle varie tipologie delle Dop Barbera, cominciando proprio da quella base che è la Doc Piemonte, spesso utilizzata come valvola di sfogo delle altre denominazioni, con risvolti tutt’altro che positivi nella percezione che ne ha il consumatore, e ricadute economiche poco soddisfacenti in relazione alla qualità diffusa del prodotto.
“Oggi ci troviamo troppo spesso di fronte ad un eccesso di Barbera d’Asti docg che in molti casi si trasforma in doc Piemonte Barbera – spiega Filippo Mobrici, presidente del Consorzio di tutela. La Barbera Piemonte deve essere, invece, ben identificabile dal consumatore e remunerativa per il produttore. Cosa che sono convinto sia nello scopo primo di questo progetto”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’enologo Giuliano Noè, vero ispiratore della proposta Cia, che non nascondendo la preoccupazione per il fatto che oggi almeno un quarto del vino rivendicato in un primo tempo a Barbera d’Asti diventa successivamente “Piemonte”, ha ribadito la necessità di dare identità ai tanti milioni di bottiglie che subiscono questa riclassificazione, sostenendo che la scelta vendemmiale deve essere fatta dal vignaiolo che più di tutti conosce le sue vigne e che può quindi contribuire alla realizzazione di una tipologia di Piemonte Barbera come quella progettata dalla Cia.
“Non un modello ma un’indicazione produttiva – ha affermato Noè – che auspico possa essere riconosciuta come Barbera Piemonte, e sai cosa bevi’”.
Della sicura validità del progetto è convinto anche Dino Scanavino, presidente nazionale della Cia: “L’iniziativa ha forti caratteri di innovazione che vanno nella direzione di una moderna filosofia produttiva che deve dare grande valore al territorio, ma solo se accompagnato da un reddito almeno dignitoso per chi su quel territorio vive e lavora. Merita di essere oggetto di una grande campagna di informazione sulla identità del vino, in una situazione congiunturale mondiale che richiede aperture e non chiusure protezionistiche, non monopoli ma democrazia commerciale. Il fatto che qui si lanci una proposta a tutti i soggetti della filiera barbera e non ad una sola cantina dimostra come la stessa sia moderna ed al passo con i tempi”.