Alessandria-Milan: 28 marzo 1915 [Lo Straniero]

Marenzana 1di Angelo Marenzana

 

Il clima in città è sempre più Grigio, e per una volta va letto come sinonimo di calore. L’atmosfera di aspettativa per un esito positivo della semifinale di Coppa Italia di stasera allo Stadio Olimpico di Torino tra l’Orso Grigio e i Diavoli Rossoneri coinvolge un sempre maggior numero di alessandrini, caricandoli di speranze e nutrendoli di illusioni per una rinascita cittadina. O forse stuzzica solo la voglia di una festa collettiva, fatta di danze, cori, caroselli e di un sano narcisismo del sentir parlare di sé anche oltre confine.

Vista l’occasione mi piace ricordare il racconto dell’amico Giorgio Bona, Scimmia di luce e di follia, pubblicato sull’antologia (curata dal sottoscritto e da Enzo Macrì per conto dell’editore veronese Emanuele Delmiglio) Come foglie sugli alberi. Sulle pagine del volume diciassette autori si cimentano nel narrare la Grande Guerra osservando quel periodo storico da diversi punti di vista.

Il nostro Bona, quasi profetico, ha liberato il suo spirito di tifoso grigioAlessandria Milan 1915 (uno di quei tifosi di tutto rispetto che segue la squadra anche nei momenti bui) e ha scelto di scrivere della partita che ha contrapposto le compagini di Alessandria e Milan il lontano 28 marzo 1915. Allora, lo stadio ancora non esisteva e le competizioni si consumavano sul campo della Piazza d’Armi con il pubblico tutto assiepato attorno ai bordi e i più audaci sopra i tetti delle case limitrofe per meglio seguire l’andamento dell’incontro.

Formazione: Porrati, Milano II, Ticozzelli, Lazoli I, Carcano, Smith, Torricelli, Della Casa, Grillo, Poggi, Baloncieri. Giornata splendida e campo in ottime condizioni, direbbe un telecronista.

L’attesa per l’arrivo del Milan (“venuto dalla grande metropoli in riva al Tanaro per farci cagare le ostie, per dare la biada ai paisan…”) si consumava al bar Sport davanti al vermouth domenicale, tra clienti ognuno con il proprio stradinom, accaniti giocatori di carte, e il barista che per l’occasione capiva ciò per broca e sbagliava a servire le ordinazioni.
Alessandria 1915Tutti tifosi che avevano “la bocca calda e dopo aver messo ko Vercelli e Casale, adesso sognavano di battere il Milan.” Insomma, il vermouth delle 12 con i suoi frequentatori in ghingheri teneva lontana l’immagine della città cupa e grigia. Tra discussioni e pronostici, era giunta anche voce che qualcuno avesse cercato di comperare la partita. E seppure il commercio era nell’indole dei mandrogni, comprare una partita, no, quello era un sacrilegio. Meglio una disgrazia.

E c’era posto anche per lei. La Grande Guerra era alle porte e molti giovani erano già stati richiamati alle armi. La Patria reclamava un contributo di braccia forti e coraggiose per la difesa della propria terra. Questo destino riguardava anche i calciatori. Nessuno escluso. Il torneo rischiava di essere sospeso e le società di venire sciolte. Ma in città la febbre aveva preso il sopravvento, era molto forte, più forte del cannone al fronte.

La partita finì zero a zero. Senza vincitori e vinti.

Dalla prima guerra mondiale invece ne uscimmo vincitori ma mai così sconfitti.