Missione compiuta. Le comunità montane piemontesi (complessivamente una ventina, tra cui le due della nostra provincia: Terre del Giarolo e Comunità Montana Appennino Aleramico Obertengo) cesseranno ufficialmente di esistere il prossimo 31 dicembre, sostituite da una serie di Unioni di comuni montani, a completamento di un percorso ‘liquidatorio’ affidato nella primavera del 2013 (quando ancora in Regione Piemonte governava il centro destra) a commissari che sembravano destinati ad una sorta di mission impossibile: ossia la ricognizione dello stato patrimoniale, e la sua sua valorizzazione per pagare i creditori, e al contempo il riparto del rimanente (comprese proprietà debiti, personale ) fra i diversi comuni.
Compito difficilissimo, anche perché mai tentato prima, e in parte anche privo di adeguati riferimenti normativi, o quanto meno di precedenti a cui fare riferimento: “E’ stata certamente una liquidazione anomala – sottolinea l’avvocato Cesare Rossini, commissario liquidatore per conto della Regione Piemonte della Comunità Montana Terre del Giarolo –, perché il compito era ‘traghettare’ funzioni, servizi, e anche crediti ma soprattutto debiti della Comunità alle diverse Unioni, enti di secondo grado neo costituitisi nel frattempo. Le quali Unioni però, non era così automatico dovessero farsi carico di debiti, o di dipendenti. Così come si è dovuta affrontare in itinere la questione delle quote di partecipazione della Comunità in altre società: come ripartirle tra comuni e Unioni? E come rapportarsi a determinati diritti di prelazione di altri soci? Insomma, se siamo riusciti a presentare in Regione il piano di riparto entro la scadenza prevista dello scorso 10 ottobre, e se il percorso ora può dirsi pressoché concluso, il tutto un anno e mezzo fa, quando siamo partiti, non era per niente scontato. Personalmente ho vissuto un’esperienza molto formativa sul piano professionale, ma anche umanamente ricca. E sono tante le persone che dovrei ringraziare: per tutti, però, cito sul fronte regionale l’avvocato Balagna, che ha supportato i commissari con grande professionalità, condivisa peraltro con uno staff di dirigente e funzionari davvero di prim’ordine, per competenza e impegno. Non ci hanno mai lasciati soli, anzi. Ma sul fronte territoriale cito davvero tutti gli amministratori locali dei 30 comuni delle Terre del Giarolo: con alcuni c’è stata forte sintonia, con altri forse meno, ma abbiamo remato tutti nella stessa direzione. E il traguardo che oggi si può dire raggiunto è davvero un risultato condiviso”.
Rossini ricorda due figure importanti di quei territori, con cui ha avuto modo di confrontarsi: “sicuramente Vincenzo Caprile (nella foto), sindaco di San Sebastiano Curone e, per una trentina d’anni, vero deus ex machina della comunità montana, di cui sa veramente tutto. E poi Graziano Montessoro, presidente del Gal, Gruppo di Azione Locale di cui la Comunità Montana era socia, e che rappresenta e rappresenterà un motore importante per lo sviluppo di quel territorio”.
In realtà, se le comunità montane cesseranno di esistere al 31 dicembre, non tutte le neonate Unioni di comuni sono già operative: alcune rimangono ancora in via di approvazione, e lo stesso assessore regionale al Bilancio, alla Programmazione e agli Enti Locali, Aldo Reschigna, in visita ad Alessandria la settimana scorsa, ha esortato gli amministratori locali, da questo punto di vista, ad accelerare i tempi.
Va peraltro ricordato che non tutte le proprietà delle comunità stesse sono state vendute, e non tutte le questioni completamente risolte, per cui toccherà probabilmente alle stesse Unioni ‘raccogliere il testimone’ anche su questo fronte, e portare avanti il percorso avviato negli ultimi 18 mesi dai commissari.
Ma cerchiamo di capire meglio, appunto, il caso della comunità montana Terre del Giarolo (costituita nel 2010, a seguito dell’accorpamento delle due realtà precedenti). E’ sempre l’avvocato Rossini a guidarci nei meandri della vicenda: “I comuni che aderivano alla comunità hanno dato vita a tre diverse Unioni di comuni: 1) Unione Val Borbera (Stazzano, Vignole, Grondona, Borghetto), 2) Unione Terre Alte (6 comuni della Val Borbera, ossia Cabella, Carrega, Albera, Mongiardino, Roccaforte e Cantalupo Ligure, e della Val Curone, cioè Brignano, Montacuto, Fabbrica Curone), 3) Unione Bassa Val Curone, Grue e Ossona, con Gremiasco, San Sebastiano, Dernice, Avolasca, Castellania, Costa Vescovato, Casasco, Montemarzino, Pozzol Groppo, Momperone, Monleale, Volpeglino, Berzano, Garbagna, Montegioco. All’appello mancano in realtà due comuni: Rocchetta Ligure, che non ha aderito a nessuna Unione, facendo una convenzione con l’Unione Terre Alte, e Cerreto Grue che ha optato per un’Unione con Viguzzolo”.
E’ notizia di questi giorni che se l’Unione Val Borbera (presidente il sindaco di Grondona, Silvio Barbieri) e l’Unione Terre Alte (presidente Fabio Sala, sindaco di Fabbrica Curone) completeranno alcuni adempimenti burocratici richiesti dalla Regione Piemonte entro metà dicembre, dal 1 gennaio 2016 saranno pienamente operative, “e potranno partecipare – precisa Rossini – alla prossima conferenza dei servizi per la gestione dei fondi Ato”. Ancora in alto mare, invece, la situazione per l’Unione Bassa Val Curone, Grue e Ossona, che deve prima superare gli step precedenti, necessari per ottenere il riconoscimento dal Ministero, ossia trovare l’accordo politico tra i comuni, con nomina appunto di presidente e giunta. Un ‘empasse’ che pare avere alla base due blocchi contrapposti di comuni, uno che fa riferimento al Partito Democratico (con referente locale Carlo Buscaglia, sindaco di Dernice), e l’altro all’area di centro destra, ossia al consigliere regionale, ed ex sindaco di Tortona, Massimo Berutti.
Ma, al di là delle contrapposizioni politiche locali, come sono state risolte le questioni ‘di sostanza’, dalla suddivisione del patrimonio della Comunità Montana alla ripartizione dei suoi debiti, fino all’allocazione del personale dell’ente?
“La logica con cui mi sono mosso, su indicazione della Regione – precisa l’avvocato Rossini – è stata quella di mantenere tutto ciò che si poteva in mano pubblica, e al contempo pagare i debiti là dove c’erano, e risolvere alcuni casi di conflittualità. Siamo riusciti ad assegnare le reti del gas ai comuni, e a fare in modo che i macchinari di vari tipo in convenzione con Provincia e Regione fossero rilevati dagli stessi enti, così come i macchinari in convenzione con i comuni sono stati acquistati dal comune di Grondona, con diritto di prelazione per gli altri comuni. Per altri beni abbiamo trovato un accordo con i concessionari, soprattutto quelli di lungo corso: in qualche caso (il salumificio, e qualche rifugio montano) sono stati acquistati dai concessionari stessi, in altri la proprietà è ancora della Comunità Montana, e spetta alla Regione Piemonte decidere ora se verranno assegnati alle Unioni o venduti. Certamente ci sono casi, come il Golf Club o l’area dei laghi della Malvista a Gremiasco, che rappresentano un valore e una risorsa per il territorio”.
Il percorso, peraltro, non è stato certamente tutto ‘rose e fiori’, e Rossini lo conferma: “Ci sono stati persino due comuni, Brignano e Fabbrica, che mi hanno diffidato a procedere con una serie di pagamenti, e con questioni legate al piano regolatore. E proprio il piano regolatore, fermo dal 2008, sarà immagino per queste valli uno degli elementi più importanti sui quali tornare a lavorare al più presto”.
E i dipendenti, che fine hanno fatto o faranno? Nel 2010 erano 18, nel 2014 scesero a 12: e oggi? “”Oggi – precisa Rossini – in organico sono ancora 8: 3 nel settore agricolo, di cui uno in pensione a fine anno, e gli altri due ‘assorbiti’ direttamente nell’organico regionale. Gli altri 5 invece diventeranno dipendenti delle diverse Unioni, e grazie ad un importante accordo sindacale la Regione si impegna a versare complessivamente un contributo annuo di 28 mila euro. Ma anche lì: non esisteva un obbligo di legge per le Unioni di farsi carico di questi lavoratori, per cui c’è stato tutto un percorso fatto di incontri, ragionamenti, trattative”.
Un’ultima riflessione l’avvocato Rossini la dedica agli aspetti ‘antropologici’ e sociali dell’esperienza: “Alla partenza dell’incarico conoscevo il tortonese, ma certamente non bene come oggi. E mi sono reso conto di quanta bellezza, ricchezza e valori umani ci siano in quelle valli: e anche di come in certi territori non si possano solo applicare regolamenti, ma si debba capire il contesto. Un esempio concreto: c’è una frazione di Fabbrica Curone dove abita una sola signora, anziana. Puoi pretendere di applicare in un simile contesto la raccolta differenziata ‘spinta’, con tanto di controlli elettronici tramite Ipad? E questo vale per tanti altri casi: occorre applicare le normative, ma anche comprendere il contesto, e le esigenze delle persone”.
Ettore Grassano