di Andrea Antonuccio.
«Leggo che Ezio Mauro lascerà la direzione di Repubblica dal prossimo 14 gennaio»
Adriano Sofri, 25 novembre 2015
Diciamo la verità: eravate, anzi eravamo tutti in pensiero. La domanda, ricorrente nei sacri palazzi dell’informazione e tra il popolo, affamato certo, ma mai deluso, da un po’ di tempo era: che cosa farà da grande Mario Calabresi, ottimo direttore de La Stampa?
Eh sì, onestamente parlando la direzione del giornale sabaudo (talvolta chiamato dai piemontesi “La Busiarda“, come ricordava sempre il quasi dimenticato Bruno Lauzi) è sempre sembrato a noi comuni mortali un “tirocinio” per uno come Calabresi. Ahimè, fuori dall’alveo di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, La Stampa non è poi così seguita. E il suo quasi ex direttore questo aspetto lo ha sempre percepito e vissuto come un complesso di inferiorità. A mio parere, almeno.
Ed è un peccato che La Stampa non sia mai riuscita a uscire dalla sua “multiregionalità”. Tutto sommato, tra i cosiddetti “giornaloni”, è forse quello fatto meglio. E’ quello più aperto alla interazione con i new media e i social (pregio o difetto, giudicate voi) e con i lettori. Ed è anche quello più intelligente nei commenti sui fatti del mondo. Ci scrive un tale che si chiama Domenico Quirico, per esempio.
Non solo. E’ un pezzo della nostra storia. E’ il giornale che mio padre portava a casa ogni giorno, per leggerselo poi comodamente in poltrona. E’ stato il primo quotidiano che ho sfogliato, quello su cui ho letto le mie prime notizie. E’ stato il giornale di Ugo Buzzolan, un signor giornalista a cui gli aldigrasso di tutta Italia devono, o dovrebbero, perpetua riconoscenza per aver inventato la critica televisiva. Da bambino non mi perdevo un suo pezzo.
Ricapitolando, a inizio 2016 Mario Calabresi andrà a dirigere La Repubblica. Ezio Mauro, suo predecessore, troverà certamente uno spazio nel giornale o nel gruppo che fa capo a quel sant’uomo dell’ingegner De Benedetti (sempre sia lodato).
A dirigere La Stampa potrebbe andare Massimo Gramellini. Pare che vi sia un sostanziale “via libera” alle sue giuste ambizioni direttoriali (si può dire così?), anche se a guastargli la festa, dicono alcuni, potrebbe arrivare il corrispondente da Gerusalemme Maurizio Molinari. Chi vivrà, vedrà.
In questi vorticosi, seppur amichevoli, cambi di direzione, qualche caduto sul campo c’è sempre. In questo caso, vittima sacrificale dell’ingranaggio sarà Adriano Sofri, che dal Bangladesh (giuro, non è uno scherzo) ha così commentato: “Essendo la mia lunga collaborazione a Repubblica un riflesso della mia personale amicizia per Ezio Mauro, naturalmente finirà con la sua direzione”. Come a dire: me ne vado, ma non perché il nuovo direttore sarà il figlio di quel commissario che ho tanto odiato, al punto da essere il mandante del suo omicidio.
Sofri può stare tranquillo. Direttori si nasce, sinceri si diventa. Anche se ci vuole un sacco di tempo.