di Andrea Antonuccio.
«Leggere le pagine dei quotidiani siciliani è, purtroppo spesso, assai più appassionante di un romanzo giallo»
Andrea Camilleri, scrittore e sceneggiatore
C’è un Matteo di cui forse ci piacerebbe sapere di più, e che invece continuamente ci sfugge. Non da ieri, nè dall’altro ieri: ma da ben 23 anni di accurata (e protetta?) latitanza.
Non stiamo parlando di Matteo Renzi, che con i suoi preziosi tweet ci informa al minuto di tutti i suoi spostamenti. E nemmeno di Matteo Salvini, che dopo i fatti di Parigi è ospite fisso su tutte le emittenti radiotelevisive (Al Jazeera esclusa, ma è solo questione di tempo).
No, qui si tratta del “capo dei capi” della mafia, quel Matteo Messina Denaro che per sfuggire alla cattura pare si sia fatto cambiare sia le impronte digitali che il tono di voce. Mischinu… Un uomo braccato dall’Interpol, che vivrebbe un po’ in Sicilia e un po’ in tutto il mondo. Un prigioniero di se stesso e delle proprie malefatte.
Sembra che abbia sempre avuto gli appoggi giusti, le conoscenze importanti e quell’ascendente che fa di uno qualunque un capo temuto e rispettato. Anche se, prima o poi, lo prenderanno. Vorrà dire che non conterà più nulla, e sarà dunque sacrificabile sull’altare della retorica italica. Il carcere, anche duro, sarà la sua casa di riposo.
La mafia vera, quella in giacca e cravatta, continuerà tranquillamente i suoi affari loschi e un po’ vastasi, per dirla alla Camilleri. E il popolo si consolerà con un altro messinadenaro da addentare. La vita è monotona, c’è voglia di romanzo giallo.