di Andrea Antonuccio.
«Mi chiedete di ripensarci: io ci penso e non vi deluderò»
Ignazio Marino, piazza del Campidoglio, Roma, 25 ottobre 2015
Ditemi la verità: qualcuno di voi ha capito che cosa sta succedendo nella testa di Ignazio Marino? Perché prima si dimette e poi, dopo una insurrezione spontanea (vabbe’…) di privati e disinteressati cittadini, minaccia di rimanere al suo posto?
La versione più accreditata dagli organi di stampa è che Marino voglia tenere per le palle Matteo Renzi e il Pd romano ancora per un po’, in modo da strappare qualche posto al caldo in uno dei tanti inutili consigli di amministrazione sparsi qua e là nello Stivale (a Lapo Pistelli non è andata tanto male, no?).
Mah… Sarà che mi piace mettere insieme in maniera creativa alcuni indizi, o che la politica a volte va oltre ogni immaginazione, ma a me la versione dietrologica “ufficiale” non convince proprio. Provo a dire la mia, rischiando di essere smentito dai fatti. Ma non importa, la storia che ho confezionato è intrigante lo stesso e potrebbe valere per altre situazioni.
La situazione: il Pd fa dimettere Marino, ormai non più difendibile, cercando di prendersi il merito dell’operazione (“gli elettori ci premieranno, vedrete”). Marino cede, a condizione che gli diano qualcosa, anche non subito. Il Pd allora commissiona il classico sondaggio per sapere di che morte potrebbe morire, in caso di elezioni comunali. Shock totale: neanche il miglior candidato (ammesso che lo si riesca a individuare) arriverebbe al ballottaggio. Il Pd (ma chiamiamolo “Renzi”, se vi garba) si rende conto della doppia cazzata: aver sostenuto Marino prima, averlo fatto dimettere poi. Panico, salivazione azzerata… Qualcosa va fatto, ma cosa?
Rinviare le elezioni prendendo il Giubileo come scusa? L’idea è affascinante, ma sa un po’ di “golpetto”. E allora? Stallo per alcuni giorni, e poi… colpo di genio! Si portano alcuni aficionados mariniani in piazza e li si “implora di implorare” l’Ignaro Ignazio affinché rimanga al Campidoglio. Di fronte ai fan il sindaco ha un motivo per ritirare le dimissioni (quel suo “non vi deluderò” a me ha ricordato il miglior Alberto Sordi), rimanere un po’ di tempo al suo posto e scongiurare il pericolo elezioni. Perché mai andare a votare, se il sindaco c’è e combatte (si fa per dire) insieme a noi?
Per riorganizzarsi serve tempo, pensa Renzi. E rimandare è sempre meglio che perdere di brutto subito, anche a costo di tenersi sulle croste quel marziano di Marino. Intanto si farà finta che il sindaco non sia del Pd, lo si prenderà un po’ in giro e poi, finalmente, si metterà la sordina e si parlerà d’altro. Giornali e televisioni amiche non mancano, il popolo è bue e dimenticherà. Ignazio avrà la giusta ricompensa per il suo servigio, mentre Matteo proverà ad aggiustare il Pd romano e, soprattutto, rimanderà a data da destinarsi l’esecuzione elettorale. D’amore e d’accordo, l’uno a parare il culo dell’altro.
Ovviamente è tutta una storiella inventata da me… non andrà mica così, vero?