Nel favoloso mondo di Matteo tutto va a gonfie vele. L’economia migliora a vista d’occhio (encomiabile come anche gli industriali di casa nostra abbiano imparato persino ad arrampicarsi sui vetri, pur di non deluderlo), gli italiani hanno ripreso a consumare, divertirsi, fare mutui per comprare casa. E’ vero che stanno smettendo di investire in cultura e formazione per i propri figli, e che stanno contraendo le spese medico sanitarie (per non dire della prevenzione, che non va più di moda), ma perchè stare sempre a cercare il pelo nell’uovo? In fondo il Pil quest’anno qualche briciola forse la recupera, e se noi gufi ricordiamo che questo tecnicamente si chiama ‘rimbalzino’, dovuto esclusivamente a fattori internazionali, ci guardano un po’ storto, ma democraticamente ci sopportano.
Ci sarebbero poi la voragine Inps, e i bilanci disastrosi di tante regioni (“il Piemonte è sull’orlo del precipizio”, dichiara Chiamparino, che pure fa parte del coro, anche se ogni tanto gli piace stonare. E un mio amico aggiunge: “ma vedrai che con lui faremo presto un passo in avanti”), ma tiriamo dritto e parliamo di elezioni. Quelle di primavera 2016 in particolare, che vedranno andare al voto cinque grandi città assolutamente emblematiche (Roma, se non ci saranno ripensamenti, e poi Milano, Torino, Napoli, Bologna), ma anche tanti altri comuni capoluogo (in Piemonte Novara e Domodossola), e a casa nostra Castellazzo Bormida, Arquata Scriva, Castelnuovo Scrivia, San Salvatore Monferrato.
Bene: intanto pare che la primavera già potrebbe diventare estate, nel senso che si ipotizza un voto a metà giugno, con ballottaggio a fine mese: sperando nel gran caldo, e forse in un esodo di massa verso lidi marini. Eh sì, perchè fateci caso: fino a qualche anno fa (quando pure a votare era l’85% degli aventi diritto) bastava un 1% in meno di affluenza alle urne perchè, soprattutto a sinistra, si aprisse il dibattito sulla crisi della partecipazione, l’importanza di esserci, ecc ecc.
Oggi invece, la filosofia del centro sinistra appare addirittura ribaltata, e finalizzata a mantenere il quorum il più basso possibile. Nella convinzione (peraltro non errata, probabilmente) che quel 40% di schifati e disgustati ‘non partecipanti’, se tornasse ad avere il gusto della cabina elettorale non sarebbe per premiare loro.
Altro escamotage delle ‘teste d’uovo’ renziane pare essere abbinare elezioni amministrative e referendum confermativo (senza quorum minimo) della riforma costituzionale. Ossia un referendum sulla popolarità dello stesso Renzi (che ha una fiducia smodata in se stesso, chapeau), con cui far da traino ai sindaci Pd un po’ ovunque.
Insomma, potrebbe essere, quello di giugno 2016, una sorta di election day in cui il favoloso mondo di Matteo diventa realtà concreta per il nostro Paese, con tutto quel che ne conseguirebbe. Ma anche, al contrario, rappresentare il momento in cui narrazione e reale entrano in collisione, generando un big bang dagli esiti imprevedibili. L’impressione è che, al di là dell’ottimismo obbligatorio, anche dentro il Pd ci sia chi sta cominciando a sentir soffiare agli angoli delle strade un vento un po’ diverso rispetto ai desiderata del giovane premier. Non resta che attenderlo dunque, questo election day. Sperando che cause di forza maggiore non costringano a spostarlo addirittura in autunno, o anche oltre. Quando la vita è tango, tutto è possibile…