Colpisce nel segno l’amico e collega Massimo Brusasco scrivendo nella prefazione del bellissimo libro fotografico “Gli Infernot di Fubine” che “gli Infernot sono le nostre piramidi, e visitandoli ti chiedi: ma come avranno fatto?”
E questa riflessione vale, naturalmente, per tutto il Monferrato, che un anno fa, proprio grazie alla tipicità esclusiva di queste splendide ‘cantine scavate nel tufo’ ha ottenuto il riconoscimento di “sito patrimonio dell’Umanità” da parte dell’Unesco.
Cosa questo potrà significare, d’ora in poi, è stato uno dei temi di riflessione, domenica mattina, dell’incontro tenutosi proprio a Palazzo Bricherasio di Fubine, per presentare il libro fotografico frutto del lavoro straordinario di due fubinesi d’adozione, Laura Jean Rickus e Wolf-Gregor Pazurek, che hanno realizzato una pubblicazione di alto valore culturale, ‘mappando’ con l’aiuto del Progetto Giovani del comune una sessantina di Infernot, tutti di proprietà privata, “per lo più in centro paese, ma anche alcuni in aree periferiche”, come ricordato dal sindaco di Fubine, Dina Fiori.
Il clou della mattinata è stato però l’intervento del’enologo Donato Lanati, fondatore di Enosis Meraviglia (che ha anche finanziato la pubblicazione del libro come main sponsor), e innamorato da sempre del Monferrato, tanto da affermare “se avessi installato il mio centro di ricerca nelle Langhe sarei diventato ricco. Invece da più di dieci anni per lavorare prendo ogni settimana gli aerei per Georgia e Kazakistan: ma non sono pentito, e lo rifarei, perchè il Monferrato è orgoglio, appartenenza, bellezza”.
Ha parlato soli 11 minuti, Lanati (qui la sua recente intervista su CorriereAl), cronometrati dal cronista. Ed è straordinaria la capacità di sintesi poetica e ‘visionaria’ di questo autentico fuoriclasse, apprezzato in tutto il mondo e che tante altre parti d’Italia, a partire dalle citate Langhe, sfrutterebbero da tanti anni come brand e talento, se lo avessero sul loro territorio.
Qui da noi invece la politica (incarnata ieri da Gianfranco Comaschi, presidente dell’Associazione Paesaggi Vitivinicoli Langhe-Roero e Monferrato, e da alcuni esponenti Pd: ma la riflessione vuole essere assolutamente di sistema, non mirata sui singoli) lo ha sempre vissuto con malcelato fastidio, forse per la scarsa propensione di Lanati ai salamelecchi e alla retorica. Per cui, ad esempio, fanno persino fatica, e lo riconoscono solo a denti stretti, che senza Lanati e il suo team il riconoscimento Unesco non sarebbe mai arrivato, perchè la prima domanda, presentata appunto dalla politica, era centrata sul paesaggio vitivinicolo: “ma le viti – come ha ricordato ieri Lanati – sono espiantabili ed esportabili, mentre l’Unesco esigeva un elemento caratterizzando, unico”. Quel che Lanati non ha detto (limitandosi signorilmente a ribadire quanto sia determinante “il valore di un’idea”) è che anni fa, quando il riconoscimento Unesco stava per essere negato al Monferrato, fu proprio il team di Enosis ad estrarre dal cilindro il coniglio, ossia gli Infernot.
Ieri però Lanati ha espresso anche alcuni altri concetti fondamentali, per chi ha orecchie per intendere.
Ribadendo di sentirsi “enologo, assai più che imprenditore”, il deus ex machina di Enosis Meraviglia ha però ribadito l’importanza di progetti e risorse imprenditoriali (“anche straniere, dobbiamo essere orgogliosi della nostra identità, ma aprirci al mondo”) per cercare di lavorare sul futuro, “immaginandoci casa nostra tra vent’anni, senza stare a recriminare sul tempo che abbiamo perso sin qui, che pure è stato troppo”.
“Il Monferrato è bellezza, è vita, è un paesaggio straordinario, che dobbiamo difendere e valorizzare, e all’interno del quale tutti dobbiamo sentirci protagonisti”, ha aggiunto Lanati. Per poi mettere in guardia da un approccio “un po’ troppo da architetti: che vanno benissimo, ma attenti a non dimenticarsi del punto di vista di agronomi, biologi, geologi”. Come a dire, insomma, che è la natura, e l’agricoltura (in primis quella vitivinicola) a dover rappresentare la risorsa principale sulla quale puntare, in un’ottica di valorizzazione di un intero sistema culturale legato al territorio, che può e deve produrre reddito e valore.
L’ultima stoccata Donato Lanati la riserva alla politica: “Gli Infernot sono roba nostra, sono il Monferrato: lo dico a tutti voi, perchè siate pronti a valorizzarlo e farlo crescere, questo territorio: evitiamo di farci usare come semplice angolo di un bacino elettorale. costruiamo tutti insieme il futuro del Monferrato, senza farsi sfruttare dalla politica, e decidendo noi come dovrà essere casa nostra fra vent’anni”.
Applausi scroscianti della sala stracolma, e gelo imbarazzato dei politici presenti.