La fioriera dell’Impero [Lo Straniero]

marenzana_angelodi Angelo Marenzana

 

Nella sua imitazione televisiva del sindaco Marino, Maurizio Crozza sostiene che le fioriere spaventano i clan malavitosi romani. Forse è in nome di questa bizzarra teoria che si è pensato di rialzare il tanto atteso livello di sicurezza dei nostri giardini pubblici grazie a un progetto di trasformazione (previsto secondo alcune voci che circolano in città) della Fontana dell’Impero (meglio nota agli alessandrini come la fontana dei giardini) in una fioriera.

Rimando la storia di quest’opera realizzata nel 1938 su progetto dell’architetto Balzardi e inaugurata l’anno successivo dallo stesso Duce nel corso della sua visita cittadina, alla lettura di quanto già scritto dall’amico Tony Frisina proprio sulle pagine di CorriereAl, curatore della rubrica Un tuffo nel passato.

Io invece mi limiterò a poche considerazioni e a qualche tiepido ricordo.

A casa mia, una fontana è una fontana, una fioriera è una fioriera. UnFontana dell'impero bidet un bidet. E un’insalatiera, un’insalatiera. Nascono con funzioni diverse e vivono la propria vita a vantaggio degli umani conservando prerogative specifiche. Anche se magari sono accomunate da forme o da materiali non troppo dissimili. A meno che il progetto non preveda pure di modificare un domani le fioriere in via Dossena in tante fontanelle. Questo spiegherebbe l’apparente, confusa alchimia. Anche se mi pare strano che, gente delegata a gestire il bene pubblico e quindi con un maggiore livello di coscienza e sensibilità dello scrivente, riesca a confondere un’opera del valore della Fontana dell’Impero con uno di quei vasi da notte ritrovati nella cantina della nonna e riutilizzati per metterci dentro ornamenti da cucina.

E io mi sento un po’ imbarazzato e allo stesso un po’ un idiota a dover sottolineare un concetto così banale, ma soprattutto a pensare che sto dedicando tempo ed energie per scrivere di un’idea tanto offensiva dell’intelligenza umana quanto irrispettosa della cultura di una comunità. Sembra infatti più lo spunto per una gag comica.
Ma pare essere invece la realtà con cui si devono confrontare i cittadini.

La fontana, nonostante il valore architettonico (trattandosi di uno dei pochi esempi in Italia di vasca razionalista con base esagonale e piatto superiore per la cascata d’acqua) oggi soffre di un’incuria perfettamente in linea con l’attuale stato in cui versa il resto dei giardini pubblici. Dimenticata con il passare del tempo, abbandonata alla propria sorte, è stata nei decenni scorsi il biglietto da visita per chi arrivava in città con un treno, testimone del crescere di più generazioni, accompagnava con il ritmo sonoro della caduta d’acqua bimbi in bicicletta, il passeggio delle famiglie, le chiacchiere ai tavolini degli storici bar di casa nostra. Per un certo periodo, a cavallo degli anni ’60 e ’70, è stata spettatrice delle speranze di successo nel campo musicale di giovani che stazionavano vicino a una specie di cabina di registrazione da dove si usciva con un disco in plastica rosa fresco di stampa con incisa la propria voce e la propria musica.

Per quel che riguarda la mia attività di scrittura, ho dato a questa fontana un ruolo significativo nel mio romanzo prossimamente in uscita e ambientato nei giorni precedenti il bombardamento del 30 aprile del ’44.

Oggi la situazione si è drasticamente ribaltata. La trascuratezza ha portato alla scomparsa dell’elemento vitale di una fontana, cioè l’acqua ( non conosco i motivi tecnici ma non credo si tratti di problemi irrisolvibili), e conduce da anni una misera esistenza in compagnia di disperati arrabbiati, tossici e balordi di mezza tacca. Fra rifiuti e frammenti di bottiglie. Come una vecchia diva messa in un angolo a ricordare i tempi migliori della propria carriera con le luci del palco che la illuminavano di sera con fasci di diversi colori.

Detto questo, penso che mutare la Fontana dell’Impero in fioriera sarebbe l’ennesimo atto vandalico perpetrato ai danni del nostro patrimonio cittadino e quindi non scandalizziamoci se, con modelli di questo tipo, è difficile riuscire a insegnare e tramandare il rispetto per le nostre ricchezze urbane. Un atto di inciviltà non è solo scrivere sui muri con una bomboletta, sparpagliare rifiuti lungo i marciapiedi o orinare contro gli alberi. E visto che spesso ci si interroga sul decadimento della nostra città, ecco, se questa proposta fosse vera (e mi auguro proprio di no), non ne sarebbe certo la causa, ma un passo in più verso lo sprofondo.