di Dario B. Caruso.
Domenica mattina d’estate.
Una di quelle in cui sei riuscito ad addormentarti da poco poiché l’afa ha resistito anche alla finestra aperta.
Le lenzuola sono appena asciugate dal sudore di cui erano madide.
Ad un tratto, nel primo sonno, il suono di una biglia rompe l’aria ferma.
È una biglia che rimbalza nell’appartamento al piano di sopra, prima lentamente, poi con frequenza sempre più alta fino a fermarsi. Come fanno tutte le biglie del mondo.
È una biglia in vetro, dopo tre lanci non la sento più.
Ma ormai sono sveglio.
L’orologio segna le otto meno qualche minuto.
“Questo è Matteo” penso.
Matteo è un bambino di quattro forse cinque anni che da qualche mese è venuto ad abitare con i genitori nel mio palazzo.
Fino ad allora l’appartamento soprastante era stato vuoto e ci eravamo abituati, io e mia moglie, al silenzio mattutino, soprattutto nelle domeniche di tutte le stagioni.
Avrei provato a dormire ancora una mezz’ora ma quella biglia incomincia a far risuonare nella mia mente molti ricordi, di giochi di bambini che non esistono più.
Le biglie erano le mie preferite.
Giocare a biglie voleva dire strategia, precisione, manualità e riflessione. Quello che manca nei moderni giochi elettronici che necessitano prevalentemente di velocità.
Ora nel dormiveglia mi ricordo tutta la cerimonia con gli amici, perché di quello si trattava: esisteva un vero e proprio protocollo con gli amici.
1. Appuntamento alle tre in piazzetta, sotto casa
2. Si cercava una buca nell’asfalto (normalmente la buca scelta a inizio stagione ci accompagnava per tutto l’anno)
3. A turno si lanciavano le proprie biglie da una certa distanza e con una tecnica apposita allo scopo di fare buca
4. Chi faceva buca aveva diritto a provare a bocciare le biglie altrui circostanti che una volta prese diventavano proprietà del bocciatore
Passavamo così interi pomeriggi, almeno finché le mamme non ci chiamavano per la merenda e la seguente tivù dei ragazzi. Allora tra una presa in giro ed una conta delle biglie (a volte vinte a volte perdute) si rientrava in casa con l’appuntamento all’indomani.
Matteo non proverà mai quei piaceri perché non avrà la piazzetta sotto casa né amici che avranno biglie per giocare. E anche avendole mancherà loro la voglia con la comodità dei videogame che necessitano di spazi virtuali.
Gioca, Matteo, gioca a biglie fino a quando avrai piacere di farlo. Non importa se spezzerai il sonno di qualcuno.
Soprattutto se spezzare il sonno significa anche consentire di riagganciare il passato.