Quale futuro per ATM (e non solo)? [Controvento]

Autobus a spintadi Ettore Grassano

 

I numeri sono da camera mortuaria, o giù di lì: più di 35 milioni di debiti, un milione di euro di passivo annuale, 224 dipendenti (ma pochi autisti), un parco mezzi non propriamente all’avanguardia, nonostante qualche piccolo investimento dell’ultimo anno.

Ecco: quando si dice “mettiamo a gara il servizio”, oppure “cerchiamo un partner pubblico o privato”, teniamo presente che la carta d’identità di ATM è questa. Un tempo si diceva: “comprereste un’auto usata da quest’uomo”, in questo caso ci si può tranquillamente chiedere “quale imprenditore  si imbarcherebbe in una simile operazione”. La risposta la sappiamo tutti, e del resto il tema dei costi (insostenibili) del trasporto pubblico non è solo alessandrino: si veda il caso Casale Monferrato.

Qui allora forse il tema non è “entriamo in una logica competitiva e di mercato”, ma semmai “decidiamo se il trasporto pubblico (su gomma: ma vale anche per le tratte ferroviarie locali) è un asset valoriale su cui vale la pena investire, oppure no. Se è un valore (sociale), è evidente che bisogna procedere ad una razionalizzazione del settore (su scala regionale, non solo alessandrina), ma scordandosi che possa essere terreno di investimento per privati. Il privato legittimamente deve fare utili, e in questo settore gli utili (volendo mantenere determinati livelli di capillarità e valenza sociale del servizio, chiaramente) è impossibile farli. Tant’è che i soggetti privati presenti su questo mercato languono anch’essi, e senza i contributi pubblici avrebbero già chiuso da tempo.

E allora? Si uscirà dalla logica precaria del “gli stipendi per agosto li garantisce il comune, per settembre la regione, e poi si vedrà”? Qualcuno è davvero convinto che la soluzione di aggregare in un’unica agenzia regionale  tante debolezze e fallimenti locali sarà la via d’uscita?
E cosa fare altrimenti? Nei mesi scorsi abbiamo più volte ospitato sul trasporto pubblico integrato le riflessioni di Daniele Coloris, una persona che nel settore ci lavora, e che da tempo si sforza di ragionare su una mappa di reale innovazione (certamente da mettere in relazione alle risorse da investire). Qualcun altro, a livelli decisionali anche più significativi, si sta sforzando di elaborare un progetto, o ATM (e con lei tutte le altre aziende di trasporto pubblico locale, una dopo l’altra) è semplicemente destinata a fare la fine della balena lasciata morire sulla spiaggia? E poi? Ognun per sè, a spasso con i mezzi privati che sopravviveranno alla selezione del mercato? E’ questa la modernità che ci attende?